Recensione: Burn For Love
Qualche esperto navigatore di cose melodiche conserverà, probabilmente, memorie di un ottimo gruppo attivo nel corso del primo decennio del nuovo secolo, chiamato 101 South.
Nulla di mostruoso o destinato a cambiare la storia. Buona musica, senza dubbio.
Ben amalgamata, scritta con gusto e perizia. Il tutto mescolato ad una indubitabile abilità nel costruire melodie perfette per il genere AOR.
Merito, giova ricordarlo, del fondatore degli Harlan Cage – Roger Scott Craig – che assieme al singer Gregory Lynn Hall aveva in tal modo proseguito quanto da sempre espresso con il gruppo madre.
Una coerente definizione di melodic band che nell’arco di tre album ha saputo fornire qualche soddisfazione agli appassionati del genere.
Tra questi è ovviamente da annoverare il fondatore di Frontiers, Serafino Perugino che, ricordando la bontà di quanto espresso dai 101 South e dal bravo frontman in essi coinvolto, non ha perso occasione per accendere l’ennesimo progetto di settore. I Killer Kings.
Fermo da quasi otto anni, Lynn Hall è stato prontamente convocato “a corte” ed ha così potuto dimostrare ancora una volta la propria classe, grazie ad una band studiata ad hoc ed in cui contare soprattutto sull’estro di Tristan Avakian. Un chitarrista multiforme, di grandissimo talento, comparso, tra gli altri, in quell’immenso capolavoro che è stato l’unico omonimo album dei Red Dawn.
Con una copertina che evoca suggestioni medievali più da gruppo power metal che non AOR, i Killer Kings si presentano con il ruolo di meri outsider in un mercato ipersaturo e sempre più inflazionato. Il rischio, data l’altissima quantità di uscite che si stanno susseguendo con cadenza quasi insostenibile, è di passare inosservati. O peggio, inascoltati. Annegati e dispersi.
I classici “underdog”, per dirla in termini di scommesse sportive
E diciamolo con forza. È un peccato.
Già perché la classe di questa uscita è piuttosto elevata. Si sentono molto chiari i retaggi AOR a cui i due principali artefici del progetto sono legati. Echi di Fortune, Harlan Cage e 101 South appaiono molto ben evidenti e tangibili in un contesto carico di passione edulcorata. Gli arrangiamenti sono ricchi, il buon gusto per le melodie, gli assolo e le linee vocali, ancora una volta di ottimo livello.
La tassa da pagare per renderli propri? Non soffermarsi distrattamente al primo ascolto, ma avere tempo e voglia per approfondire un minimo la conoscenza del disco.
Un patrimonio molto raro, in effetti, in un’epoca di musica mordi e fuggi.
Eppure, familiarizzando con calma e lasciando sedimentare i pezzi, per un amante del genere non sarà troppo complicato apprezzare senza riserve gli intrecci chitarristici di Avakian, lo stile graffiante di Lynn Hall e le tante raffinatezze celate nei solchi (collaborano a vario titolo, anche Del Vecchio, Hoekstra e Denander), scoprendo un album per nulla malvagio e con molti punti a proprio favore.
Un tempo i dischi si consumavano sino a sapere a memoria la scaletta dei pezzi ed i loro testi. Ed anche un ellepì come “Burn for Love” dei Killer Kings poteva avere la possibilità di ottenere buoni riscontri in termini di apprezzamento.
Oggi la frenesia e troppa, le cose medio-buone in uscita, un torrente in piena, ed un valido progetto (pur se, sempre di side project occasionale si parla) come questo, destinato ad essere più che altro semplice oggetto di cronaca.
Nostalgia ne abbiamo…?