Recensione: Burn My Eyes
Era l’inizio degli anni 90,il modo di suonare metal stava attraversando un periodo di forti e radicali cambiamenti,destinati a rivoluzionare totalmente lo stile standard e a renderlo decisamente diverso da quello dei gloriosi eightiers ,vuoi per via dell’entrata in scena del rivale e neonato grunge che attirerà maggiormente verso di se l’attenzione del mondo rock,vuoi per la prepotenza dell’elettronica,vuoi per la stanchezza e la volontà di innovazione di un genere che ormai cercava una svolta stilistica verso nuove strade,fino ad allora sconosciute.
E nacquero così nuove sfaccettature inconfondibili nate dalle ceneri di altre,o dall’evoluzione stilistica di gruppi storici che gettavano radici ben strette negli anni 80,evolvendosi e diffondendosi nel decennio successivo.
Viderò così la luce nuovi stili e nuovi modi di interpretare il concetto metal,stiamo parlando soprattutto di quello che viene comunemente chiamato Post-Thrash, nato dalla ricercatezza di un nuovo sound nel thrash metal più classico e puro.
I Machine Head sono tra i massimi esponenti di questo neonato movimento ed il loro debutto,Burn My Eyes,è una delle primissime pietre miliari di questo filone musicale.Si tratta di un album rivoluzionario,segue la scia dei vari Cowboys From Hell e Vulgar Display Of Power dei più blasonati cugini Pantera,ma il sound viene reso ancora più massiccio e potente,grazie anche alla voce dell’eccellente Robert Flynn,un concentrato di tecnica e potenza vocale graffiante.
Ad aprire le danze dell’album ci pensa Davidian ,una breve intro di batteria e subito ci si rende conto di cosa sta girando nel nostro lettore cd ,riffs thrash di quello possente e massiccio e voce davvero sgraziata per una fusione di potenza e violenza.
Si continua con Old che conferma quanto sentito nella prima traccia,con l’unica differenza che adesso a fare l’intro è il basso dell’enorme Adam Duce,si arriva così alla prima vera hit della discografia della band ovvero A Thousand Lies con un crescendo di emozioni che sfogano nel ritornello e poi nell’assolo finale,un pezzo davvero stupendo.
None But My Own comincia in maniera più lenta e ragionata per un pezzo più atmosferico e cupo,soppresso poi prepotentemente dai ruggiti delle chitarre.The Rage To Overcome è un altro pezzo dove è la brutalità e l’ignoranza a farla da padrona con un riff crescente ed i soliti ruggiti di Flynn.
Segue l’aggressività di Death Church che precede la splendida A Nation On Fire altra perla del disco,introdotta con un arpeggio melodico per poi sfogare nella rabbia di una canzone coronata da un testo stupendo.
Blood For Blood è invece violenza allo stato più puro,un pezzo davvero devastante,sicuramente il pezzo più tirato dell’album.Le successive I’m Your God Now e Real Eyes, Realize, Real Lies non aggiungono ne tolgono nulla alla gloria dell’album che si chiude come si era aperto:l’intro di batteria di Block introduce un’altra mazzata sullo stomaco che ci accompagna verso la fine del platter.
Forse i thrashers più accaniti e vecchio stampo non avranno gradito sicuramente le nuove sonorità tanto innovative quanto mature di questo debut album,ma resta comunque unanime il giudizio che ci troviamo di fronte ad un album coraggioso e riuscito,che resterà forse il capolavoro dei Machine Head per altri dieci anni fino all’avvento di un certo Through The Ashes Of Empires…
Luca Zeno “Black-Magic”