Recensione: Bury Me Beneath This Rotting Earth
Si respira aria di rinnovamento nel sottobosco underground, da cui sta emergendo qualcosa di – in un certo senso – nuovo, grazie al lavoro di band come Body Void, Vile Creature e Bismuth. Quello che accumuna questi gruppi, oltre all’appartenenza al roster della losangelina Prosthetic Records, non sta solo nel personalissimo modo di fondere, in misura e maniera diversa, Doom, Drone e Sludge in una proposta estrema e ostica, quanto nell’attitudine di questi ragazzi e ragazze che, lasciando da parte l’immaginario orrorifico e le atmosfere ritualistiche care al genere, nei propri testi parlano di diritti civili e sociali, di tematiche identitarie, di antifascismo e del rifiuto di ogni tipo di oppressione, senza sottrarsi a momenti di auto analisi.
Un cambio di paradigma, dunque, dovuto in primo luogo al fattore anagrafico: i componenti di questi gruppi sono piuttosto giovani ed evidentemente, oltre a subire la fascinazione del Metal, sono stati investiti anche dall’onda lunga del Punk/Hardcore e dell’Alternative, fortemente influenti al volgere del Millennio, e dalla loro componente culturale, in cui i temi sociali, politici e introspettivi occupano una posizione preminente.
Il percorso dei Body Void, sulla cui ultima fatica in studio è incentrata questa recensione, inizia nel 2014 a San Francisco nella forma di power trio e con il nome di Devoid. Dopo il rilascio di un paio di demo e di un EP e a seguito della dipartita del bassista Parker Ryan, nel 2016 Eddy Holgerson (batteria) e Willow Ryan (chitarra e voce) si trasferiscono nella parte opposta degli States, nel Vermont, cambiano il proprio moniker in Body Void e pubblicano l’LP di debutto “Ruins”. La loro musica è un coacervo monolitico di Doom e Drone, caratterizzato da accordature di chitarra ribassate al punto da poter far a meno del basso, dall’ampio ricorso a feedback e da sporadiche accelerazioni mutuate dallo Sludge. I riferimenti artistici del duo sono rintracciabili in primo luogo nei Thou, ma anche nei The Body e nei Sunn O))) da cui derivano le influenze Noise/Drone.
Il combo prosegue senza particolari variazioni stilistiche (né grafiche, considerato che tutte le copertine recano immagini in bianco e nero su sfondo nero) con il full lenght “I Live Inside a Burning House” del 2018, con l’EP dell’anno successivo “You Will Know the Fear You Forced upon Us” fino ad arrivare al nuovo album “Bury Me Beneath This Rotting Earth”, pubblicato lo scorso 23 aprile da Prosthetic Records. I suoi 4 episodi, a dispetto del minutaggio elevato (circa 13 minuti ciascuno) e delle similitudini strutturali, sono in grado di tenere alta la tensione per tutto il running time grazie alla capacità di giocare con gli equilibri tra le diverse componenti del sound. La registrazione restituisce un suono strabordante, fangoso e opprimente, che non ha bisogno di alcun aiuto da parte della produzione che, infatti, è praticamente inesistente, a sottolineare l’attitudine DIY della band.
Pezzi come “Wound” e “Fawn” sono autentiche perle Doom/Sludge che procedono all’insegna di un riffing decelerato e mastodontico, un cantato straziante e una ripetitività annichilente, interrotta solo da brevi sfuriate Hardcore. “Laying Down in a Forest Fire” e “Pale Man”, pur non allontanandosi dal seminato, evidenziano tratti più peculiari. La prima sfoggia i passaggi più lenti dell’album, con il rimbombare di note basse e prolungate all’inverosimile e feedback che riempiono il ritmo di discontinuità, minacciando di far collassare il brano su se stesso da un momento all’altro. La seconda si distingue invece per l’abbondanza di disturbanti venature Noise che chiamano in causa i maestri The Body.
Sono composizioni dannatamente oneste, in cui Eddy e Willow si mettono a nudo e riversano rabbia, disagio, fragilità e nichilismo, confezionando quello che può senz’altro essere considerato uno dei dischi più disturbanti di questa prima parte dell’anno. Gli appassionati di Doom/Drone/Sludge apprezzeranno “Bury Me Beneath This Rotting Earth” per il modo in cui i Body Void si dimostrano capaci di offrire un contributo innovativo, sia in termini musicali che culturali, a questi generi. Nuove leve come queste sono le benvenute! Possiamo stare tranquilli sapendo che il futuro della nostra amata Musica è anche nelle loro mani…