Recensione: By Nature So Perverse
Ero curiosissimo di ascoltare il nuovo nonché terzo lavoro dei britannici Liquid Graveyard, passati sin qui abbastanza sotto silenzio a livello di feedback e interesse da parte dei Media specializzati (perlomeno in Italia). Nonostante due ottimi album, uno dei quali (il debut “On Evil Days”) uscito per la nostrana My Kingdom Music nel 2009, questo nome non è circolato quanto avrebbe dovuto e meritato, rimanendo sin qui limitato ad una nicchia di spulciatori di dischi negli scaffali dei negozi o tra le onde digitali del mare magno del web. I più accorti avranno immediatamente notato che il cuore pulsante della band è formato dai coniugi Walker, John, già leader degli storici deathsters Cancer, e Raquel, sua sposa nonché growler di una certa efficacia. Attenzione, non siamo alla replica di un film già visto, chi ha pensato agli Arch Enemy di Amott e della Gossow si sbaglia di grosso. Tanto è ruffiano, posticcio e glamour quel progetto (da quando non c’è più Johan Liiva), tanto è autentico, polposo e personale questo.
Come anticipato poc’anzi, “On Evil Days” e “The Fifth Time I Died” sono stati due sorprendenti episodi, la cui ragione sociale risiedeva in una interessantissima e ricercata miscela sonora, un calderone all’interno del quale reminiscenze death metal, pulsioni heavy, ricerche avantgarde e spunti progressive si fondevano sotto l’egida del duo Walker, perfettamente integrato e affiatato nel comune obiettivo di dare al proprio sound un sapore che fosse moderno e peculiare. L’idea non è mai stata rievocare nostalgicamente i sentieri già percorsi con i Cancer, né votarsi opportunisticamente a qualche trend imperante al momento della pubblicazione. Ciò che è apparso chiaro fin dall’inizio in casa Liquid Graveyard è stata la determinazione di intraprendere strade nuove, sperimentali, non escludere nessuna opzione e/o esplorazione a priori. Via via è andato così plasmandosi uno stile effettivamente assai specifico e caratteristico, fatto di un riffing heavy/death corposo e drammatico al contempo, estremamente compatto, non facilissimo da penetrare al primo ascolto (e tuttavia accattivante e pieno di suggestioni), sul quale si innesta l’interpretazione vocale di Raquel, capace sviluppare un growling “liquido” – come da monicker – e glaciale, a tratti quasi sussurrato.
“By Nature So Perverse” arriva un po’ a sparigliare le carte. Non solo esce a ben cinque anni di distanza dal suo predecessore, ma vede la sezione ritmica stravolta, con l’arrivo in formazione di due nomi pesantissimi, Shane Embury e Nicholas Barker, musicisti che hanno militato in oltre una dozzina di band ciascuno, di grandissimo blasone ed influenza nel panorama del metal estremo. Questi inserimenti non avvengono a costo zero. La prima evidentissima variante è il peso specifico del songwriting. La progressione della ricerca sonora dei Liquid Graveyard sembra conoscere una parziale battuta d’arresto, barattata per una corposa accelerata in termini di aggressione e pesantezza. Il death metal (humus nel quale tutta la band ha gozzovigliato da sempre) torna a dettare legge con veemenza, assumendo il ruolo di elemento trainante dei Liquid Graveyard targati 2016. Quel flavour malinconico e straniante delle composizioni vergate nel quinquennio passato viene un po’ violentato da un approccio oggi decisamente più energico e muscolare, il quale, se da un verso irrobustisce e potenzia la resa della band, dall’altro ne livella la profondità, attestandosi su un piano di minor intensità. Pare un paradosso ma è così, picchiare di più non significa necessariamente avere più contenuti, anzi, spesso accade il contrario. Intendiamoci, i Liquid Graveyard sono e rimangono un interessantissimo gruppo e la qualità non manca in questi solchi, sebbene a mio parere “By Nature So Perverse” decida di puntare troppo sull’impatto, sacrificando (scientemente o meno) il portato più immaginifico, atmosferico e creativo dei Nostri.
Difficile non vedere nell’arrivo di Embury e Barker il risveglio di ambizioni più crudamente death oriented. Uno più uno fa due, e nel nostro caso addirittura quattro, ovvero la line-up dei Liquid Graveyard, coesa nell’amplificare all’ennesima potenza l’impeto esecutivo. “By Nature So Perverse” suona come una sorta di album dei Carcass, privati di tutto il loro groove caratteristico; detta così potrebbe suonare male, ma in realtà se non è un complimento poco ci manca, visto che per anni siamo vissuti senza che il concetto di “groove” diventasse l’alfa e l’omega della musica metal, eppure nessuno è rimasto traumatizzato per questo. Senza la frenesia del “groviglio”, i Liquid Graveyard si prendono il loro tempo per tessere trame e farle penetrare a lento rilascio nel sistema circolatorio dell’ascoltatore. Solo che, a mio parere, questa terapia la applicavano con maggior efficacia nei due dischi precedenti, e il loro album numero tre non riesce nel tentativo di consacrare definitivamente la band. “By Nature So Perverse” è un lavoro che merita di essere ascoltato, con la consapevolezza però che, ad oggi, il meglio la band lo ha dato negli episodi precedenti.
Marco Tripodi