Recensione: By Time Alone

Di Daniele D'Adamo - 24 Agosto 2007 - 0:00
By Time Alone
Band: Orphanage
Etichetta:
Genere:
Anno: 1996
Nazione:
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75

Gli Orphanage, band olandese ormai scioltasi nel 2005, sono stati una delle formazioni che, nell’epoca d’oro del Gothic Metal (seconda metà degli anni ’90), seppe ritagliarsi un suo spazio. In virtù di un sound duro e massiccio, che alcuni, non a torto, hanno definito Doomdeath, il gruppo seppe emergere fra la miriade di act che spuntarono come funghi dediti al neonato genere. La formazione che nel 1996 diede dato alle stampe By Time Alone, era composta da: George Oosthoek – vocals, Rosan van der Aa – vocals, Lex Vogelaar – guitars, Guus Eikens – keyboards, Eric Hoogendoorn – bass e Erwin Polderman – drums.

L’opener At The Mountain Of Madness, dedicata a uno dei più visionari dei racconti del “Ciclo di Chtulhu” di H.P.Lovecraft, viene aperta da un’introduzione al pianoforte, subito seguita da una strofa costituita dall’alternarsi di parti eteree con cantato femminile in clean, e parti potenti con voce growl maschile. Si arriva al ritornello, orecchiabile e dissonante, seguito da una variazione molto potente ed aggressiva con parti di chitarra chiare e ben scandite, nonché da ritmica costante e veloce, sino ad arrivare alla conclusione del pezzo, nuovamente sottolineato dal pianoforte.
A seguire, Five Cristal, dall’inizio orientaleggiante, evidenziato dal lavoro costante, potente e dinamico delle chitarre, sempre nell’alternanza fra il clean femminile ed il growl maschile. Nel break centrale il brano aumenta di intensità, pur mantenendo inalterate le caratteristiche esotiche sopra richiamate, anzi coadiuvate da intarsi di keyboards a rendere l’atmosfera più arcana e misteriosa. Ottimo il difficile refrain a due voci, sottolineato da poderose partiture di organo.
Nella terza canzone del platter, The Dark Side, l’atmosfera improvvisamente si incupisce ed assume quei toni languidi e struggenti spesso così tipici del genere musicale trattato. Il ritmo cala, per dar risalto all’eccellente connubio di vocals clean/growl, sì da generare un refrain stupendo per lirismo e ricerca melodica.
Si passa poi a Deceveir, dall’inizio stoppato e potente di matrice thrash, però subito arricchito da parti di tastiera, abili a creare la giusta atmosfera per preparare il growl di George Oosthoek. Ottimo il ritornello in clean, di non facile assimilazione ma affascinante. Subito dopo, un break veloce ed imprevisto, scandito da vocals questa volta di stampo scream.
Segue Cliffs Of Moher, che inizia con un’introduzione di tastiere a 360°, tetre, ma anche di ampio respiro, sulle quali viaggia la bella voce pulita di Rosan van der Aa, che sale progressivamente di tonalità sino ad arrivare allo stupendo, struggente e triste, refrain. Poi la canzone sale di tono con l’entrata in campo delle chitarre e della pare ritmica, lasciando inalterato il carattere malinconico della canzone stessa, reso più struggente da uno stupendo accompagnamento in growl. Dolce e delicato il finale.
E’ quindi il turno di By Time Alone, la canzone che dà il titolo all’album. In essa, compaiono elementi di matrice doom: piuttosto scarni e poco profondi, se non per alcuni cori di accompagnamento, arricchiti però dalla voce di Rosan van der Aa, che rende progressivamente la canzone coerente con il genere musicale proposto dalla band.
Il settimo brano è Ancient Rhymes, caratterizzata nella parte iniziale da una fusione fra chitarre ed archi, per poi svilupparsi nel classico stile vocale clean/growl, sostenuto da chitarre ben presenti e potenti. Il break centrale, un duetto in clean, spezza il ritmo con abilità ed astuzia.
Successivamente, è il turno di Odyssey, la canzone più indovinata del platter a parere di chi scrive: chitarre potenti e compatte, tastiere di ampio respiro, gran sensazione di dinamismo generale dovuta sia alla sezione ritmica che alle chitarre stesse, cori pieni, potenti e melodici, atmosfera gotica e decadente.
Il nono brano è Requiem, dall’introduzione tetra ed oscura, tenebrosa e malinconica, resa più opprimente da parti di organo e campane a lutto. Un coro gotico introduce all’improvviso il growl sofferto di George Oosthoek, che si innesta, nuovamente, su una struttura vicina al doom, per finire in un isterico scream di ricucitura ai cori prima citati.
Leafless: si parte con un ritmo sostenuto, reso in maniera precisa e costante, per poi passare al chorus, tipicamente a due voci nello stile del gruppo. Coinvolgente il melodico refrain, a più voci.
L’undicesima canzone è Deliverance, potente, lineare, ritmata, ben scandita nell’incedere dal sinergico lavoro dei due cantanti. Il refrain dai toni oscuri, quasi black, ben si amalgama con il groove del brano, arricchito da cori gotici e improvvise aperture melodiche della bellisima voce di Rosan van der Aa. Lentamente, tutti questi elementi si sommano, nell’incedere del pezzo, sino ad arrivare al crescendo finale.
A chiudere l’album, The Crumbing, dal ritmo veloce, semplice nella struttura delle parti di chitarra, con intarsi di tastiera atipici per il genere (parti semi-techno), interamente cantato in growl da George Oosthoek. Un pezzo dallo stile meno profondo rispetto al tono generale dall’album, ma con le parti di chitarra che, con il solito loro dinamismo, rendono comunque la canzone coerente con il resto del platter.

In definitiva, un album originale nella sua struttura, con un songwriting in bilico fra il gothic ed il doom, anche se spesso spostato verso il primo stile. Un disco omogeneo e dalla propria, definita personalità, eclettico e caratterizzato da una piacevole varietà nella tipologia delle proposte cantate.

Daniele D’Adamo

Tracklist:
01 – At The Mountain Of Madness
02 – Five Cristal
03 – The Dark Side
04 – Deceiver
05 – Cliffs Of Moher
06 – By Time Alone
07 – Ancient Rhymes
08 – Odyssey
09 – Requiem
10 – Leafless
11 – Deliverance
12 – The Crumbing

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