Recensione: Cacophony of Terror
dissonanza s. f. [dal lat. tardo dissonantia; v. dissonare]. – 1. Capacità che hanno alcuni intervalli e accordi musicali di produrre un effetto non gradevole; anche, l’effetto stesso prodotto e, in genere, ogni intervallo o accordo cui si attribuisca tale capacità (per es., gli intervalli di seconda, gli accordi alterati, ecc.). [Treccani, Vocabolario online, 2018]
Dissonanza è la base sulla quale è stata eretta la struttura portante del debut-album dei Nightmarer, “Cacophony of Terror”. Dissonanza è la distruzione dell’armonia, l’annichilazione dell’armonia, la devastazione della facile assimilazione. Tutto il contrario di qualcosa che è elaborato per piacere a più persone possibili, per deliziare l’orecchio.
I Nightmarer no, viaggiano in controtendenza e offrono un death metal tagliato a spigoli vivi con il rasoio, rifinito con la carta di vetro a grana fine, nel quale – apparentemente – regna indisturbato il caos. Così ovviamente non è, poiché nella loro vicinanza al deathcore, i Nostri offrono prova di grande coraggio ma, soprattutto, di grande maestria. Perché, occorre evidenziarlo, “Cacophony of Terror” è un’Opera Prima di assoluto valore tecnico. La Season Of Mist ha sicuramente contribuito alla produzione di un suono perfetto, per nulla indicativa del fatto che il platter sia il primo (si spera) di una lunga serie. Sintomo chiaro che l’abilità di John Collett e i suoi compagni è di default. Già al massimo, cioè. Insita nelle loro corde, quindi.
Evidente il talento compositivo, pure, capace di dar vita a delle song teoricamente impossibili da ascoltare in virtù dell’assioma di base, la dissonanza. Invece, quasi per miracolo, i dieci brani che compongono il disco offrono un incredibile fascino, derivante dal viaggio nei meandri della cacofonia, della disarmonia, di un’illusoria stonatura. La velocità è sostenuta, spesso accelerata dalle bordate dei blast-beats, ma tutto è intelligibile, chiaro, preciso, nitido. Dal roco growling del già menzionato Collet, ai tentacolari riff di Simon Hawemann, poderosi nella fase ritmica, stordenti in quella solistica ove, in definitiva, si nascondono i contrasti musicali più esplosivi.
“Cacophony of Terror”, quindi, a dispetto della teoria che lo vorrebbe incommestibile, peggio totalmente indigesto, scorre via invece con scioltezza e naturalezza. Coeso a se stesso da un mood che rende onore al suo titolo. Un mood tetro, oscuro, buio, tenebroso, a tratti addirittura orrorifico, nel quale si scorgono i lampi di luce prodotti da macchine senzienti, giacché non si può non menzionare il taglio cyber di tutto l’insieme.
Nella marea di note che cozzano violentemente tutte fra loro in un moto caotico, vorticoso, a forma di gorgo, il terzetto di Tampa non perde mai la bussola della giusta direzione. Così, è impossibile trovare errori, cali di potenza, cadute di scrittura. L’incedere delle varie canzoni non presenta né incertezze, né buchi, né riempitivi; arrivando in qualche occasione ad oltrepassare la trance da hyper-speed (‘Fetisch’, ‘Ceremony of Control’). Nonostante ciò, la sottile linea rossa che separa il caos senziente da quello incontrollato non viene mai oltrepassata. Segno inequivocabile che i Nightmarer hanno bene in chiaro, in testa, l’ordine delle onde successive degli attacchi sonori, spesso frontali, sì da addivenire, come accade, alla messa a giorno di un lavoro inconcepibilmente perfetto. Perfetto, pure, nella materializzazione di uno stile pressoché unico, immediatamente riconoscibile in mezzo a mille altri.
Solo per pochi, però. Troppo complessi e cerebrali, per poter piacere a tutti. Il che può essere visto come un pregio, oppure un difetto. Dipende dal punto di vista. Dipende dalla soggettività.
Daniele “dani66” D’Adamo