Recensione: Can’t Slow Down
In un platter con canzoni nuove dei Foreigner non speravamo più: quasi tre lustri sono passati, infatti, da “Mr. Moonlight”, disco che vedeva il grande Lou Gramm di nuovo dietro il microfono. Dopo l’ultimo successivo divorzio tra lo storico frontman ed il mastermind Mick Jones, la band si era dedicata, con una formazione nuova di zecca nella quale spiccavano l’ottimo Kelly Hansen (Hurricane) alla voce, Jeff Pilson (Dokken) al basso, e, per un certo periodo (fino a che la one-shot reunion dei Led Zeppelin e poi la ricostituzione dei suoi Airrace non lo hanno indirizzato verso altri lidi) Jason Bonham alla batteria, a riconquistare il proprio pubblico ed a riacquistare credibilità con un’intensa e molto rockeggiante attività live – immortalata da diversi CD e DVD – nella quale i Foreigner hanno spazzato via con grinta e feeling il sospetto di essere la tribute-band di se stessa (con Jones unico superstite della formazione originale) pur se con un repertorio composto unicamente da non più di dieci-dodici canzoni, ripetute ad ogni data.
Nel frattempo, ci siamo consolati trovando echi della lezione dei Foreigner soprattutto nei tanti progetti estemporanei e supergruppi che il mercato melodic rock ci propina costantemente. Ora però allievi ed epigoni, ancorché autori di pregevoli prodotti, tacciano per un momento: i maestri sono tornati, e ci offrono una grande lezione magistrale di ispirazione, feeling e qualità esecutiva.
Diciamo subito che la band – per certi versi in controtendenza con la grandiosa attività live – con il nuovissimo “Can’t Slow Down” non si rifà all’arena rock di album come “Head Games”, ma si riallaccia direttamente ai successi degli anni Ottanta del XX secolo, quali “Inside Information” ed “Agent Provocateur” nonché allo stesso “Mr. Moonlight”: ritmi prevalentemente moderati, molto ballate, poco hard rock.
Nell’analizzare il dettaglio del platter, iniziamo proprio dai rocker. L’opener e title-track “Can’t Slow Down” è un vero colpo da maestro: riffing d’eccellenza, chorus accattivante ma non eccessivamente ruffiano ed una bella voce solista, quella di Hansen, che è la carta vincente di questa nuova formazione. Un timbro ed una personalità interpretativa tali da non far rimpiangere il sig. Grammatico, resistendo oltretutto, alla tentazione di cercare di esserne il clone (niente effetto-Arnel Pineda, insomma, tanto per far paragoni con quel che succede in casa Journey).
“Living In A Dream” è invece un veloce pop-rock con qualche venatura hard e sfumature rhythm’n’blues suggerite dai fiati sullo sfondo, anch’esso di gran classe e grande efficacia. I richiami “negroidi” tornano alla ribalta in “Give Me A Sign”, un soul-rock grintoso ed efficace che, tra parentesi, non sarebbe fuori posto stilisticamente neanche nel recente come-back di Lou Gramm.
“Too Late” (già nota in quanto presente nell’antologia “No End In Sight”) e “Ready” ci riportano poi indietro verso gli ultimi anni Settanta, e accontentano i fans di quell’epocale arena rock di cui sopra, mentre “Angel Tonight” ci proietta in avanti di un decennio, verso l’hard/AOR che ha caratterizzato le chart USA in quegli anni
Tra i mid-tempo, “Lonely” è piacevole e nulla più, mentre “When It Comes to Love”, sulla quale i Foreigner hanno non a caso molto puntato per il lancio del platter, è una ballata dall’incedere moderato assolutamente irresistibile e ben cantata, di quelle che si insinuano tra i neuroni cerebrali e non ne escono più.
Passiamo alle ballate, che rappresentano il vero punto di forza di “Can’t Slow Down”. La preferita di chi scrive è “I Can’t Give Up”, piano-ballad di grande scuola, impreziosita dalla calda interpretazione vocale dell’ex vocalist degli Hurricane. Altra song lenta da “manuale del perfetto crooner AOR” è “As Long As I Live”, impreziosita da evocativi ceselli di pianoforte; “In Pieces”, con i suoi intarsi di synth, tende invece verso il versante pop-rock del cosmo musicale Foreigner, mentre “I’ll Be Home Tonight” gode di accenni epici. Il remix di “Fool For You Anyway”, che chiude il CD, appare quasi un omaggio al miglior Marvin Gaye ed è caratterizzato da atmosfere decisamente soul.
Il package di “Can’t Slow Down” comprende anche un DVD live di discreto interesse, che riproduce una performance naturalmente maiuscola (che classe, signori miei, quella versione unplugged e quasi gospel di “Say You Will”…) ed un secondo CD di remixes dei soliti dodici classiconi: alla luce della qualità dei nuovi brani, risulta davvero incomprensibile l’utilità di tale bonus, che rischia quasi di far trasparire un’ingiustificata insicurezza della band rispetto al valore delle composizioni inedite.
Si tratta sicuramente di una mera operazione di marketing, priva di significato artistico, analoga a quella operata dai Journey con “Revelations” (dove però almeno i brani “storici” erano stati reinterpretati per l’occasione!).
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Tracklist:
CD 1 THE ALBUM:
01. Can’t Slow Down
02. In Pieces
03. When It Comes to Love
04. Living In A Dream
05. I Can’t Give Up
06. Ready
07. Give Me A Sign
08. I’ll Be Home Tonight
09. Too Late
10. Lonely
11. As Long As I Live
12. Angel Tonight
13. Fool For You Anyway
CD2 THE REMIXES:
01. Feels Like The First Time
02. Cold as Ice
03. Hot Blooded
04. Blue Morning, Blue Day
05. Double Vision
06. Dirty White Boy
07. Head Games
08. Jukebox Hero
09. Urgent
10. I Want to Know What Love Is
DVD:
01. Double Vision
02. Head Games
03. That Was Yesterday
04. Say You Will
05. Starrider
06. Feels Like The First Time
07. Urgent
08. Juke Box Hero
09. I Want To Know What Love Is
10. Hot Blooded
Line Up (CD1 e DVD):
Kelly Hansen – Voce
Mick Jones – Chitarra
Brian Tichy – Batteria
Jeff Pilson – Basso
Michael Bluestein – Tastiera