Recensione: Carmina Barbarica
Molte band suonano per anni dell’ottimo heavy metal senza emergere, altre rarissime band nascono per scrivere la storia, per incidere il loro nome indelebilmente nel cuore degli amanti del metal, e con loro incomincia un mito, una leggenda. I Wotan sono arrivati a questo, in sedici anni di storia hanno generato intorno al proprio nome un vero culto e oggi siamo finalmente di fronte al loro primo disco sulla lunga distanza.
In una frase “Carmina barbarica” è un capolavoro inestimabile, uno dei più importanti dischi della storia del metal italiano, senza dubbio un’opera fondamentale che consacra definitivamente i Wotan nell’Olimpo della tradizione metal nazionale. Rispetto ai demo-ep “Thunderstorm” e “Under the sign of Odin’s crows” il nuovo “Carmina barbarica” si presenta come un platter molto più ambizioso e maturo, lo stile compositivo della band ha raggiunto un apice invidiabile rimanendo fedelmente legato ai canoni del metal epico e intransigente. La produzione del disco supera sotto il livello qualitativo tutti i precedenti lavori della band e presenta un sound potente, corposo e piacevolmente sincero, vibrante. Come sempre nella musica dei Wotan aleggiano echi di band storiche come i ManowaR, i Cirith Ungol, i Manilla Road, gli Omen, ma la personalità artistica dei nostri non viene compromessa minimamente da questi altisonanti nomi. Ancora una volta la voce inconfondibile di Vanni Ceni è l’assoluta dominatrice del souno della band generando nell’ascoltatore un profondo sentimento e una grande emozione, in questo senso ogni pezzo del disco esplode letteralmente in refrain vocali maestosi che colpiscono fin dal primo ascolto senza lasciare dubbi sul talento dei Wotan. Ottime anche le chitarre che ricordano da vicino il suono potente e leggermente oscuro di Ross The Boss sui primi platter dei ManowaR, credo che altri commenti in questo senso non siano necessari. Sotto il profilo ritmico i Wotan sanno spaziare agevolmente tra pezzi veloci e trascinanti mid-tempos epici che conquisteranno ogni amante del metal classico. Il lavoro svolto dalla greca Eat Metal Records in sede di produzione e realizzazione di questo disco è davvero ottimo, le registrazioni si sono svolte presso gli studi dei leggendari DoomSword e il cantante Deathmaster ha preso parte in alcune back vocals del disco.
Si parte alla grande con la prima “Lord of the wind” che viene affidata a strofe crescenti e dinamiche per poi esplodere letteralmente in un ritornello travolgente adeguato alle performance live della band. La successiva “Under the sign of Odin’s ravens” è un mid-tempo inarrestabilmente epico che chiama in causa la tradizione americana, l’incedere quasi marziale e la ottima prova vocale di Vanni Ceni fanno la fortuna del brano. I ritmi si impennano con la devastante “Hussard de la mort” un monumentale esempio di metal epico e veloce, anche in questo caso il lavoro della band culmina in un ritornello splendido. Il mood epico e veloce di “Ride of templars” racchiude una grande perizia compositiva che dimostra una maturazione artistica innegabile e concreta. Con “Innoxia” i Wotan sfornano un brano del calibro di “March for revenge” dei ManowaR, le strofe epiche e rallentate conquisteranno immediatamente ogni metallaro che si rispetti. Ancora massicci e quadrati i nostri confezionano “Wrath of north” e “King of crows” entrambi pezzi diretti e coinvolgenti che promettono grandi responsi in sede live e danno spessore al disco rimarcando l’attitudine sincera dei Wotan. Con “Stone giants” i nostri si spingono verso passaggi più raffinati e oscuri, anche in questo brano non mancano ritornelli corali di grande presa ed emerge nuovamente l’ambizione compositiva della band. La successiva “Black conqueror” si piazza tra le più belle canzoni della tradizione epica italiana e sono sicuro di quello che dico. I Wotan non abbassano la guardia e firmano un pezzo devastante del calibro di “The cave” che mi ha rimandato alla carica primordiale di pezzi travolgenti come “The mass of chaos” dei Domine. Splendida “Thermopiles” è un tributo alla storia greca con tanto di estratto narrato in greco dalle cronache di Erodoto, il pezzo è un mid tempo rallentato dal fortissimo senso epico. La conclusiva “Iron shadows” viaggia più veloce e pone fine in maniera magistrale al disco esplodendo letteralmente in un ritornello magnifico.
Se pensate che in Italia la scena si basi sui recenti trend sinfonici, cinematografici, e sulla necessità di ingaggiare attori famosi per fare dischi competitivi, credo che per voi il metal sia un concetto molto confuso, incerto, pericolosamente superficiale. In “Carmina barbarica”, signori, c’è il senso di questa musica, questo disco ha un valore centrale per tutti noi, e ribadisce il fatto che oggi in Italia esistano grandi band, come i Wotan, esistano veri metallari, esistano ancora gli ideali e le speranze che hanno segnato la tradizione e la storia dell’heavy metal. Concetti sui quali non siamo disposti a concedere compromessi, concetti che non appartengono ai traditori e agli impostori che oggi spopolano nelle classifiche e che non hanno nulla da spartire con noi. Onore ai Wotan.
1. Lord Of The Wind 03:35
2. Under The Sign Of Odin’s Raven 05:00
3. Hussard De La Mort 03:09
4. Ride Of Templars 05:22
5. Innoxia 05:11
6. Wrath Of North 03:42
7. King Of Crows 04:07
8. Stone Giants 04:36
9. Black Conqueror 03:36
10. The Cave 05:05
11. Thermopiles 06:40
12. Iron Shadows 04:08
Eat Metal Records
84 Akadimias st.
10678 Athens
HELLAS