Recensione: Carnality
Terra della musica popolare melodica, l’Italia si rivela, al contrario, anche una buona fucina di brutal death metal. Quasi a voler rinnegare il caldo del sole, il profumo del mare e l’azzurro del cielo, è nato, alla fine degli anni ’90, un discreto movimento che, se non cospicuo come quello statunitense e inglese, ha prodotto alcune band assai valide.
Come i Carnality, nati a Rimini nel 1999 dalle menti di Marco Righetti (chitarra) e Manuel Arlotti (batteria), ancora oggi saldamente sulla tolda del vascello. Nonostante tanti sforzi in senso contrario, nel corso degli anni l’instabilità della formazione ha fatto sì che la produzione discografica si sia limitata a due demo (“Torment Of The Eternal Sorrow”, 1999; “Beyond The Gate”, 2004) e un EP (“Brutal Execution”, 2002). Sino al 2011. Quando, finalmente, l’avvenuta coesione di una line-up stabile ha dato i frutti tanto sperati, cioè l’omonimo, primo full-length, “Carnality”, uscito a novembre con la label belga Ultimhate Records, specializzata in metal estremo.
Il quartetto romagnolo, forte comunque di una buona esperienza nel campo, propone un sound adulto e professionale; come se “Carnality” fosse tutt’altro che un debut-album. Il piglio della band è sicuro e deciso e, sebbene non ci siano grandi elementi di originalità e/o innovazione, nel disco emerge il carattere forte e soprattutto ben formato dell’ensemble romagnolo. Il che si traduce, in soldoni, in una consistenza stilistica non comune, tale da rendere “Carnality” compatto come il granito. Le canzoni passano e cambiano, insomma, ma l’anima, la personalità e la fisionomia della band no. Il che non è poco: nella stazionarietà di un sound che identifica con precisione il marchio di fabbrica dell’ensemble, le song mostrano una varietà che le rendono particelle mutevoli di una struttura unitaria, cioè l’album. Ed è questa, sicuramente, la principale peculiarità di “Carnality”.
I Carnality, difatti, pestano come dei dannati; spingendo ai limiti della resistenza umana il loro brutal death metal. Un brutal non esageratamente tecnico ma, anzi, preciso quanto basta per materializzare efficacemente le migliaia di note che hanno in testa Righetti e soci. Nonostante i tremendi e numerosissimi riff di chitarra o i complicati cambi di tempo del drumming, la musica – seppur… ‘esagerata’ – si mantiene sempre ordinata e ‘facilmente’ assimilabile; ben lontana dalle schizofrenie del caos. Il che non deve essere semplice, rilevato che, comunque, l’intelaiatura del suono è complessa e presenta numerose ramificazioni.
Ben lungi da voler mettere sul piatto una sterile dimostrazione di tecnica fine a se stessa, inoltre, i Nostri pennellano il loro sound con un flavour che rimanda a death classico quando non, addirittura, al thrash; non mancando, però, di inserire qualche passaggio *-core sì da rendere la mistura complessiva attuale e al passo con i tempi. Affiancando antico e moderno con un buon senso del gusto, allora, ci si ritrova con un disco terribilmente arcigno e violento ma, pure, profondo e dotato di un discreto pathos, spesso assente da proposte similari. A questo, occorre rimarcarlo, dà una mano non indifferente la produzione, in grado di mantenere sempre alto il livello energetico senza che il suono si appiattisca; nemmeno durante i terrificanti blast-beats di Arlotti. Aiuta altresì a dare spessore all’impatto complessivo il bravo vocalist Andrea Manenti, il cui growling, profondo e carnoso, rifugge, per fortuna, gli esperimenti da… lavandino.
Con che, alla fine, nonostante lo strazio causato ai timpani per via della brutalità sonora, “Carnality” evidenzia una longevità forse inaspettata a un primo approccio. La voglia di ripetere il terrificante viaggio da “Cosmic Syncronism” a “A Rest Unearth” non si placa ma al contrario aumenta, provocando a ogni passaggio brividi gelidi lungo la schiena. La mobilità del songwriting, impegnato a trovare soluzioni sempre diverse pur restando in un ambito conosciuto, del resto, impedisce alla noia di far capolino. Il che, per i Carnality, è un ottimo risultato finale.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Cosmic Syncronism 1:41
2. Exegesis Of A Disaster 5:38
3. Of Memories We Die 5:31
4. Dethroned 4:17
5. A Mirror That Doesn’t Reflect 4:30
6. Nihilism Of The Technique 4:20
7. Across Human Desolation 4:19
8. Panopticon 3:05
9. Mass Murder 3:39
10. A Rest Unearth 0:50
Durata 38 min.
Formazione:
Andrea Manenti – Voce
Marco Righetti – Chitarra
William Leardini – Basso
Manuel Arlotti – Batteria