Recensione: Carved In Stone

Di Fabio Vellata - 7 Febbraio 2007 - 0:00
Carved In Stone
Band: Grand Lux
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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72

Attivi sin dal 1999, i Grand Lux sono una giovane band originaria di Kristiansand, fredda terra di Norvegia, che con il nuovissimo ‘Carved In Stone’ raggiunge il già ragguardevole traguardo del secondo appuntamento sulla lunga distanza.

Dichiaratissime ma non eccessivamente evidenti le principali influenze del gruppo: Dio, Kiss, Judas Priest e Ozzy Osbourne sono, sin dalla biografia, i numi tutelari ai quali il quintetto guarda con devozione.
Facile quindi immaginare quali possano essere le sonorità scelte dall’act scandinavo nel confezionare la propria nuova fatica: un heavy metal classico, non troppo avvezzo ai toni soffusi, che predilige a larghi tratti l’uso della veemenza e dei ritmi sostenuti.
A dire il vero, siamo ben lontani dalla realizzazione di un disco memorabile o imperdibile, pur tuttavia sarebbe ingiusto non riconoscere al combo nordico una totale dedizione alla causa ed una onestà di fondo pienamente tangibile e concreta.
I Grand Lux suonano infatti questo tipo di musica non certo per compiacere a qualcuno, ma molto probabilmente per pura e semplice passione ed i risultati, sebbene non da “premier league”, sono in ogni caso più che discreti e degni di nota.

Il disco esordisce con l’eloquente suono di un allarme aereo, utile nel creare un pizzico di tensione emotiva preannunciante il cannoneggiamento successivo.
‘1000 Paper Cranes’, pezzo d’apertura, è infatti un up-tempo turbolento, imperniato su di una linea estremamente potente e diretta che sin da subito mette in chiaro quali siano le mire dei cinque scandinavi.
‘Fallen Angel’ pare al contrario rallentare il “tiro”, favorendo così il dipanarsi di un brano maggiormente melodico e dotato di un valido ritornello centrale; la successiva ‘Escaping The Clouds’ propone poi il lato più riflessivo e sulfureo della musica dei Grand Lux, mescolando attimi cari ai vecchi Warrior con robusti riffs di scuola sabbathiana.
‘Eye Of The Storm’, traccia numero quattro, riprende poi la strada dei mai dimenticati anni ottanta, offrendo un episodio a cavallo tra primi Saxon e Ronnie James Dio; ‘Through Dirt’ e ‘Like Hail From Blue Sky’ sono quindi classicissime songs di radice ancora ottantiana, con insito però un sottile approccio più vicino all’hard rock, mentre ‘Love Reflection’, a dispetto di quanto intuibile dal nome, è un roccioso blues che tradisce nella strofa centrale una evidente affinità con i Deep Purple, pur restando fermamente ancorato all’heavy metal “vecchia” maniera.
La tripletta conclusiva porta infine i nomi di ‘Never Fall’, interessante cavalcata arricchita da uno stacco melodico centrale di buona efficacia, ‘Eternity In Fire’, ruvido heavy dai toni accesi e grintosi e ‘Rainbow’s End’, sorprendente traccia di hard epico e cadenzato in possesso di una linea melodica per nulla malvagia e ben studiata.

Al termine di questa veloce panoramica sorgono spontanee un paio di considerazioni.
I Grand Lux anzitutto, non sembrerebbero davvero essere il gruppo preposto a cambiare le sorti della storia; d’altro canto però, come già sottolineato in apertura, i ragazzi paiono effettivamente amare la musica che propongono, riversando in essa energia, sudore e passione ad onorare le più tipica tradizione heavy.
I risultati conseguentemente, pur non presentando nulla di particolarmente innovativo o fuori dagli schemi, sono accettabili ed onorevoli e promettono di far trascorrere quaranta minuti in modo tutto sommato piacevole ed interessante.

Un gruppo dignitoso ed onesto, che potrebbe davvero risultare gradito agli amanti dell’heavy classico.

Tracklist:

01. 1000 Paper Cranes
02. Fallen Angel
03. Escaping The Clouds
04. Eye Of The Storm
05. Through Dirt
06. Like Hail From Blue Sky
07. Love Reflection
08. Never Fall
09. Eternity In Fire
10. Rainbow’s End

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