Recensione: Catholic Dictatorship
A quattro anni di distanza dal full-length d’esordio, “Political Pollution”, giungono di nuovo sulle tavole degli appassionati gli ex-grinder Norylsk.
Il secondo album della loro carriera cominciata nel 2008 s’intitola “Catholic Dictatorship”, stavolta preda del carniere della Selfmadegod Records.
Andando subito al sodo, si rileva che, sin dal primo ascolto, appare più che evidente il miglioramento a 360° che la formazione di Włocławek – immutata nella line-up – ha compiuto in quest’ultimo quadriennio. Un’evoluzione netta, marcata, tale da spingerla nel novero delle migliori realtà attuali che bazzicano in Polonia nell’ambito del metal estremo. Il che non è poco, dato atto del clamoroso livello tecnico/artistico posseduto dalla maggior parte degli ensemble provenienti dal paese mitteleuropeo.
“Catholic Dictatorship”, incentrato sull’ormai classica avversione di molta parte delle nuove generazioni polacche nei confronti delle religioni e del cattolicesimo in particolare, è un lavoro che sicuramente non offre grandi contributi per contenuti innovativi. E forse è nato proprio così. Per offrire una concentrazione spaventosa di furia scardinatrice, tale da mettere a soqquadro i poveri e delicati ossicini che formano parte dell’apparato uditivo umano. Con una precisione chirurgica e una pulizia perfetta del suono tali da rendere chiari e distinti anche i passaggi più violenti, nei quali cioè il numero dei BPM sale vertiginosamente oltre la soglia dei blast-beats.
Tanto è vero che appare oramai ‘riduttivo’ riferirsi ai Norylsk come a una ‘pura e semplice’ band di grindcore. La bravura esecutiva dei Nostri e, nondimeno, la non-linearità della struttura dei brani fanno sì che si possa quindi iniziare a parlare di ‘technical death metal’. Anche se i grugniti, i gorgoglii e le ‘suinate’ di TV spostano definitivamente, a parere di chi scrive, il tutto in direzione del ‘brutal death metal’. Certo, i pezzi sono relativamente brevi e con ciò portano in sé il DNA compositivo più tipo del grindcore, ma, a essere onesti, è più di death metal, di cui occorre discutere. Prova lampante ne è l’opener “F.K.K.”, la cui matrice primigenia è evidentemente frutto dei dettami del grindcore. Ma il cui sviluppo, invece, soprattutto nelle parti… cosiddette ‘lente’, si dirama nei territori del death. In questi termini, l’opera può essere vista come una specie di anello di congiunzione fra le forme più elementari (grindcore) e quelle più complesse (‘brutal death metal’) del ridetto metal estremo.
Non che tutto questo sia di fondamentale importanza per descrivere e giudicare “Catholic Dictatorship”, questo sia chiaro, ma è oltremodo indubbio che la mera osservazione della progressione della capacità di scrittura dei Norylsk sia un elemento cui non si possa non tenere conto. Una progressione la quale fa sì che i trenta minuti di durata del platter diventino una sorta di Via Crucis. La pressione sonora liberata da song quali “Mental Alienation”, “The Run” o “The Face Of Death” è semplicemente spaventosa, sconquassante, annichilente; ed è davvero dura – anche per i più adusi a simili sonorità – digerire tutto d’un botto il CD dall’inizio alla fine. Una tortura come la salita al Gòlgota, insomma.
Una prestazione maiuscola, quella dei Norylsk, per un concentrato di furia demolitrice assoluta: “Catholic Dictatorship”.
Daniele D’Adamo