Recensione: Celebration
Festeggiamo oggi il quarantesimo anniversario nella carriera di una delle band più longeve e prolifiche della storia dell’hard rock. Gli Uriah Heep hanno pubblicato infatti un album auto-celebrativo dal titolo quasi banale, cui seguirà un omonimo tour europeo.
Al di là dei contenuti, l’occasione ci obbliga a omaggiare con tutti i sacri crismi e i paramenti del caso la leggendaria band inglese, che negli anni è stata sempre in grado di rimettersi in discussione e rinnovarsi: ne sia lampante esempio l’ultima fatica da studio, la ventunesima, Wake The Sleeper, che è stata anche la prima dopo dieci anni.
Dal lontano dicembre 1969, ovvero da quando la band iniziò a muovere i primi passi ad opera del tastierista Ken Hensley, molte vicissitudini hanno coinvolto gli Uriah, basti pensare ai quindici cambi di line up che hanno visto alternarsi sette batteristi, sei cantanti, sei bassisti e cinque tastieristi, in un turbinio di eventi passanti per morte, droga e altre amenità che avrebbero fatto sparire dalla faccia terra qualsiasi altra realtà.
Non solo gli Uriah Heep hanno resistito alle avversità, ma il loro marchio di fabbrica si è conservato pressoché intatto.
L’attuale formazione vede il solo Mick Box come unico “reduce” di quella originale, ma come si diceva poc’anzi, l’approccio sembra essere quello, tipicamente settantiano, di una band viva e vegeta, con tanto ancora da dire e da dare: in questo “Celebration” infatti troviamo dodici classici del repertorio Uriah Heep, registrati ex novo dall’odierna line up, e due inediti, “Only Human” e “Corridors Of Madness”, che addirittura non sfigurano accanto a mostri sacri come “Free Me”, “Gypsy”, “The Wizard”, “Easy Livin'” e “Lady In Black”. Anzi, la prima delle due song, a cui tra l’altro viene coraggiosamente affidato il ruolo di opener, si candida a futura highlight.
Il piglio con cui i nostri affrontano il vecchio materiale è tutto riassunto dalla prestazione di Bernie Shaw, da ormai 22 anni il principale artefice del rinvigorimento della band, parallelamente alle scelta relative agli arrangiamenti: la band opta infatti per una rilettura dei classici in una doppia chiave, art pomp sui brani del periodo AOR da un lato, hard rock purpleiano sui brani del periodo Byron, dall’altro. Preferisco la prima, ben rappresentata da “Only Human”, una vera bomba, come già detto; meno incisive, ma pur sempre struggenti, le eco Deep Purple di brani come “Sunrise”, “Gypsy” o “July Morning”.
Non è il caso di scomodare oltremodo questi “monumenti”, che tra l’altro non necessitano certo di presentazioni.
Resta da dire, per i collezionisti, che “Celebration” è disponibile in tre versioni: la “standard edition”, che consiste nel solo CD; la “deluxe edition”, che aggiunge un DVD di sette tracce contenente la performance della band allo Sweden Rock Festival 2009; la “collector’s edition”, che include un vinile 7” autografato, con due bonus track esclusive.
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Tracklist:
- Only Human (inedito)
- Bird of prey
- 3. Sunrise
- 4. Stealin’
- Corridors of madness (inedito)
- Between two worlds
- The wizard
- Free me
- Free and easy
- Gypsy
- Look at yourself
- July morning
- Easy living
- Lady in black
Line-up:
- Mick Box / lead guitars, backing vocals
- Trevor Bolder / bass, backing vocals
- Bernie Shaw / lead vocals, backing vocals
- Phil Lanzon / keyboards, backing vocals
- Russell Gilbrook / drums