Recensione: Celestial Harmonies
Un anno dopo la pubblicazione dell’EP “Last Day of the Earth”, caratterizzato da una classica sonorità power, i Lunocode si ripresentano sulle scene con il loro primo full length “Celestial Harmonies”, disco che rappresenta una decisa svolta per la band umbra, sia per l’inserimento in pianta stabile della nuova cantante Daphne Romano, sia per la decisione di orientarsi verso una maggior componente progressiva all’interno delle loro composizioni, svolta che si denota anche dal numero dei brani e dalla durata dell’album, cinque brani per quasi un’ora di musica, approccio decisamente coraggioso.
La partenza dell’album è affidata a “Sin Cara”, che si dimostrerà anche essere il pezzo più metal dell’intero lavoro, dove il rullante e le chitarre per il primo minuto richiamano alla mente i Queen di “Innuendo”, senza avere lo stesso impatto sonoro, per poi cambiare registro e passare a un prog di buona fattura, in cui la voce della Romano interpreta con la dovuta aggressività, soprattutto nel ritornello, un testo ben curato dai connotati filosofici sul destino dell’umanità. La precisa sezione ritmica , assolo precisi e veloci e una tastiera corposa, contribuiscono all’assoluta solidità del brano.
In “Heart of the World”, già presente sul precedente EP, chitarre acustiche e flauto traverso, accompagnano una voce dolce e sofferente: l’atmosfera risulta eterea e fluida, eppure alla fine si rimane un po’ con l’amaro in bocca, in quanto si ha la sensazione che la Romano possa dare molto di più in questo brano.
Con “Indifference” si cambia registro, arpeggi e un’ossessiva ritmica distorta insieme alla grande capacità interpretativa del cantato, fanno di questo brano una vera perla, impreziosita anche dalla presenza alla chitarra di Olaf Thorsen. Sia il ritornello, sia il finale, dedicato alle parole di Carl Sagan (astronomo 9/11/1934 – 20/12/1996), non possono che presentare spunti di riflessione e discussione per tutti. Peccato che dal pezzo precedente si passi a uno del tutto anonimo come “Misty Vision of An Ordinary Day” , affossato da chitarre ridondanti e assolutamente noiose.
Ma la vera sorpresa dell’album è “The Origins of Matter and Life”, concept song, suddivisa in 6 momenti che non potrà che fare felici gli amanti della fantascienza filosofica. La storia tratta della creazione dell’Universo ad opera dell’Architetto Cosmico, essere onnipotente capace di dare origine a mondi con il solo pensiero, vista attraverso gli occhi di Albert II, personaggio chiuso in una navicella spaziale orbitante intorno alla Terra. Il protagonista attraverso questa esperienza arriverà a scoprire i segreti del cosmo: emozionante l’ultimo dialogo dove si scopre chi è Albert II. Questi ultimi 30 minuti di musica soffrono di una certa mancanza di fluidità e le ripetute interruzioni possono rendere difficile l’ascolto di un brano dove le idee comunque non mancano. La composizione presenta oltre a una vera suite di apertura eseguita da strumenti classici, una voce che spazia dalle tonalità melodiche a quelle più forti in modo decisamente più libero, tecnici riff di chitarra e un basso più presente, rispetto alle precedenti esecuzioni.
Di certo questo non è il disco della maturità per i Lunocode, già forti di una personalità ben presente nel songwriting, tuttavia ancora poco riversata nell’esecuzione sonora dei brani:spunti positivi sono assolutamente presenti ma purtroppo poco approfonditi.
Di certo una migliore produzione non potrebbe infine che far bene a questi ragazzi e guidarli al meglio lungo la loro verde strada.
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Tracklist:
01 – Sin Cara
02 – Heart of the World
03 – Indifference
04 – Misty Visions of An Ordinary Day
05 – The Origin of Matter and Life
– High
– The Cosmic Architect
– Tree of Life
– Crossing the Line
– Albert II
Line up
Francesco Rossi – Basso
Perseo Mazzoni – Batteria
Giordano Boncompagni – Chitarra
Paride Mazzoni – Chitarra
Daphne Romano – Voce