Recensione: Chains of Sin
Arrivano finalmente al debutto sulla lunga distanza i lombardi Timesword, quintetto formatosi nel dicembre del 2005 per volontà del chitarrista Dan Logoluso. Una volta completate le file del gruppo tre anni più tardi (l’ultimo in ordine cronologico a entrare nella band è il cantante Mark Pastorino, già abbastanza noto ai più per l’attività con gruppi del calibro di Miracle & Sleeper, Shining Fury e Secret Sphere), i cinque musicisti iniziano la stesura dei pezzi che vanno a comporre il disco di debutto, intitolato Chains of Sin, e pubblicato nel mese di marzo del 2010 dall’etichetta tedesca 7Hard.
Composto da solamente sei tracce (per un minutaggio complessivo di poco superiore ai cinquanta primi di durata), questo Chains of Sin rimane prettamente legato a coordinate stilistiche a cavallo tra progressive metal tradizionale (inevitabile nominare i soliti Dream Theater, citati più di una volta nel corso del disco), progressive rock settantiano e power metal di chiara matrice italiana (abbastanza palese è infatti l’influenza di gruppi del calibro di Vision Divine, Labyrinth e Secret Sphere), dove sezioni strumentali più intricate e tecniche si intrecciano con ritmiche rocciose di chiara derivazione hard n’heavy e con passaggi più marcatamente melodici e di ampio respiro. Nulla da eccepire riguardo le capacità tecniche ed esecutive del gruppo: la sezione ritmica formata da Luca Prederi al basso e Alex Galanti alla batteria (entrambi provenienti dai Komaday) si dimostra estremamente solida nel sorreggere le composizioni, mentre il chitarrista (nonché principale compositore dei pezzi qui presenti) Dan Logoluso e il tastierista Alberto Sonzogni (Arkadia, Blinking Lights) svolgono un ottimo lavoro sia in fase di accompagnamento che negli assoli. Davvero buona anche la prova del cantante Mark Pastorino (Shining Fury, Miracle & Sleeper, Secret Sphere), decisamente efficace sia nelle parti più tirate e aggressive che in quelle più calme e votate all’interpretazione. Da segnalare inoltre la presenza in qualità di ospite speciale del bassista Bryan Beller (celebre soprattutto per la collaborazione con artisti del calibro di Steve Vai e James LaBrie), che ha preso parte alla registrazione di un paio di pezzi all’interno di questo lavoro (nel dettaglio World Confusion e Skyland).
Ancora relativamente immaturo per quello che riguarda il songwriting (teniamo però conto che ci troviamo davanti alla prima release ufficiale di questi Timesword), questo Chains of Sin ci consegna una manciata di brani discretamente composti, ben suonati nel complesso, ma che presentano ancora un paio di limiti abbastanza evidenti. Per tutta la durata del disco si ha infatti l’impressione di trovarsi dinnanzi a composizioni abbastanza deficitarie per quanto riguarda l’originalità, e che il combo lombardo sia ancora alla ricerca di una propria identità stilistica: sia chiaro, non siamo affatto al cospetto di un mero gruppo clone che si limita a scopiazzare quanto già fatto in precedenza da altre band, ma non si può negare che i brani qui proposti offrano pochi spunti veramente personali. Nonostante questo bisogna sicuramente constatare come la qualità di tutte canzoni qui proposte si attesti senza dubbio su alti livelli qualitativi: la tracklist si rivela decisamente scorrevole, senza filler o passaggi a vuoto di sorta, formata da pezzi abbastanza compatti e mai eccessivamente prolissi. Tra gli episodi migliori del disco possiamo senza dubbio citare l’opener A Thousand Year Kingdom, brano piuttosto vivace, molto vicino a livello stilistico alla produzione dei primi Dream Theater, dalle melodie facilmente memorizzabili e con una sezione strumentale pienamente convincente. Abbastanza riuscita anche World Confusion, canzone che si segnala per un refrain davvero accattivante, mentre la pretenziosa suite finale Real Mistery, pur risultando un po’ troppo disorganica tra le varie parti, rimane comunque un pezzo sicuramente piacevole e ben composto.
In definitiva, ci troviamo davanti a un disco, questo Chains of Sin, tutto sommato riuscito, sicuramente molto godibile, decisamente ben suonato e senza clamorosi passaggi a vuoto, ma composto però senza grande personalità e con dei richiami un po’ troppo marcati che, purtroppo, si rincorrono per tutta la durata della tracklist. Certo, considerato che siamo al cospetto di una band molto giovane e all’esordio assoluto questo può essere considerato un peccato veniale dovuto alla scarsa esperienza finora accumulata, ma starà al quintetto lombardo lavorare duramente per colmare queste lacune che ancora affliggono il songwriting. I margini di miglioramento ci sono tutti, solamente il tempo ci dirà però se questi Timesword riusciranno a effettuare il definitivo salto di qualità, oppure no. Attendiamo fiduciosi.
Lorenzo “KaiHansen85” Bacega
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Tracklist:
01. A Thousand Year Kingdom
02. Highway to Paradise
03. A New Way
04. World Confusion
05. Skyland
06. Real Mistery
Lineup:
Mark Pastorino – Vocals
Dan Logoluso – Guitars
Alex Galanti – Drums
Luca Prederi – Bass
Alberto Sonzogni – Keyboards
Bryan Beller – Bass