Recensione: Chaos & Colour
Uscita numero venticinque intitolata “Chaos & Colour” per la storica band britannica prog-hard rock Uriah Heep. A dispetto degli oltre cinquant’anni di carriera e della girandola di formazioni e vicissitudini personali ed economiche che hanno caratterizzato la vita del gruppo, dal caos pandemico nasce un lavoro eccellente, solido e fresco.
Come nell’ultimo spot della campagna “Compagnia sbagliata”, che svela l’inedito retroscena dell’Ultima cena del Nazareno (durante la quale i discepoli e il Maestro si interrogano sulla preparazione della pasta alla carbonara: vuole guanciale o pancetta?) il Giuda della situazione potrebbe obiettare “Però questo è Mick Box, non sono gli Heep… e daje”.
Vero. Mick Box è l’unico membro originario (sopravvissuto) del gruppo.
E’ altrettanto vero però, che il chitarrista ha avuto l’abilità di scegliere nel lontano 1986 e tenersi ben stretti due eccellenti sodali: il cantante Bernie Shaw e il tastierista e prolifico autore Phil Lanzon che, non solo per una militanza lunga quanto una intera carriera, possono dirsi ad ogni effetto parti integranti della famiglia e del sound degli Huriah Heep. Sound che hanno contribuito con le rispettive caratteristiche a rendere facilmente riconoscibile.
Accanto a loro in “Chaos & Colors” le “forze fresche” sono rappresentate da Russell Gilbrook, in formazione (appena) da sedici anni, alla batteria e Davey Rimmer al basso, ultimo arrivato nel 2013, portatori di quella innegabile dose di energia capace di rivitalizzare la band e di sostenerla con una sezione ritmica di prim’ordine (assicurando un inalterato livello qualitativo nelle esibizioni live).
“Save Me Tonight” brano scritto a quattro mani proprio da Rimmer e da Jeff Scott Soto ha il compito di introdurre l’album.
Sebbene sia stato scelto come singolo e suoni classico ma al tempo stesso frizzante, forse per le sonorità troppo attigue ai Deep Purple, è il brano che ho trovato più ordinario, posto in apertura di un set in crescendo.
Si inizia a fare sul serio, infatti, con “Silver Sunlight” pezzo a cui non manca assolutamente nulla con un fraseggio di chitarra sbarazzino, a cui fanno da contraltare le tastiere di Lanzon, un chorus vagamente psichedelico, catchy, ma non scontato, brevi ma efficaci disgressioni prog.
Un riff pesante apre “Hail the Sunrise” che rivela ben presto un ritornello assolutamente orecchiabile.
“Age of Changes” segna un ulteriore innalzamento del livello compositivo. Traccia con armonie vocali incantevoli, infiammato dal dialogo musicale tra Lanzon e Box.
Poi arriva “Hurricane” (su cui avrei personalmente puntato come primo singolo), di energia devastante, come solo la forza della natura sa esserlo, con un assolo Hammond da conversione mistica.
Dopo la tempesta perfetta la quiete è riportata da “One Nation, One Sun”, ballad fuori dal tempo, di rara bellezza e dolcezza, che corrobora e rasserena con uno Shaw all’apice della espressività e della maturità.
Dopo “Golden Light” altra traccia dal contenuto iperclassico, a cui possono muoversi le medesime critiche del brano di apertura, spetta a “You’ll Never Be Alone” di sorprendere ed emozionare nuovamente, alternando a suggestive e armoniose line di piano e voce potenza ed energia.
La parte finale del lavoro vede sulla pur robusta “Fly Like an Eagle” prevalere la gemma “Freedom to Be Free”. Il brano, di grande presa, offre a tutti i componenti della band l’occasione di mettersi in evidenza, senza tralasciare un ottima resa d’insieme, e non registra alcuna flessione dell’attenzione nonostante gli oltre otto minuti di durata.
La chiusura del platter, escludendo la demo di “Save Me Tonight” della versione giapponese, è affidata a “Closer to Your Dreams” dal sapore decisamente autocelebrativo. “Caos & Colors” risulta un lavoro ispirato come pochi e segna il ritorno alla grande degli Uriah Heep.
Interpretato in maniera impeccabile, si candida ad essere uno dei migliori album dell’anno appena iniziato.
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