Recensione: Chapter 1
È dunque uscito il nuovo progetto di uno dei migliori cantanti nella scena rock/metal mondiale. Sto parlando di Russell Allen, frontman dei Symphony X, del supergruppo Adrenaline Mob, e una delle voci delle due grandi opere Avantasia e Ayreon, suo alter ego progressive.
Nel corso degli ultimi vent’anni abbiamo imparato a conoscerlo nei suoi vari progetti (inclusi i sublimi duetti con l’altro asso delle corde vocali Jørn Lande) e si è meritatamente imposto come uno dei più preparati e versatili cantanti heavy dei quattro continenti, essendo dotato di notevole tecnica e controllo, di un’espressività di prim’ordine, un’estensione importante e, soprattutto, della capacità di dare vari colori al magnifico timbro che madre natura gli ha regalato.
A questo giro, il progetto consiste in un altro supergruppo, nato dalla volontà di collaborazione tra Allen e il leader dei Primal Fear, Mat Sinner. I due, in comune accordo con la Frontiers Records, non hanno esitato a reclutare altri musicisti navigati quali Randy Black (ex-Primal Fear), Alex Beyrodt (Primal Fear, Silent Force) e Roland Grapow (ex-Helloween, Masterplan). Nel booklet spiccano poi i nomi di altri guest di un certo livello (vedi Amanda Somerville), anche se, un po’ inspiegabilmente, impiegati solo nella fase compositiva.
Diciamolo chiaramente, la vera superstar di questo lavoro rimane senza dubbio Russell Allen e la curiosità di vederlo calato in una sua nuova versione è palpabile. Essendosi consacrato negli anni come voce dei mostri del prog. metal più epico (con cui si trova a suo agio), siamo ansiosi di sentire se l’indole più rockettara, che ha messo in mostra negli Adrenaline Mob, si confermerà una componente importante, e spesso soppressa, della sua propensione naturale, o se invece si rivelerà semplicemente una freccia in più nel suo arco, da scoccare senza priorità.
Scopriamolo insieme.
Il primo pezzo è “Cry No More”. Si tratta di una classica hit heavy melodica in chiave moderna, con un riff e una struttura ritmica semplici e già sentiti, ma sempre di sicuro impatto. Il ritornello rimane in mente praticamente già dal primo ascolto, la linea vocale è abbastanza alta e pulita senza sfumature particolari di colore e l’assolo di chitarra è in linea col livello generale della canzone.
Il secondo brano, “Soul Of A Warrior” si muove su ritmi più compassati, solito ritornello ruffiano e soluzioni tipiche del genere. Allen sembra non voler strafare e propone linee vocali di buona fattura, sì, ma che tutto sommato rimangono un po’ troppo statiche. Questa seconda traccia fatica a uscire dall’anonimato e risulta di conseguenza un po’ “pigra”.
Giungiamo a “No Turning Back”. Qui il mood è da subito più allegro e carico. Allen continua a cantare bene (anche perché non sa fare altro!) ma sempre ben distante da picchi di eccellenza. La sezione degli assoli parte finalmente con una shreddata niente male, per poi lasciare spazio a un classico unisono chitarristico, tanto melodico quanto carente di originalità. Come da copione rientra il ritornello ad accompagnarci alla fine del brano.
“One Way Street” strizza molto più l’occhio verso un hard rock old-school, con tanto di Hammond presente nella base sonora e tamburello allegro a ritmare il ritornello. La sezione centrale si muove un po’ in direzione Led Zeppelin, proponendo una svisata di batteria Bonham-style in un’atmosfera quasi “psichedelica”. Poche battute e tutto torna alla normalità con l’orecchiabile ritornello che funge da ponte e coda del brano.
Siamo ora alla quinta fatica del cd, “Blasphemy”. Devo dire che dopo quanto sentito finora il titolo m’ispira e mi fa sperare in qualcosa di più deciso e originale. I temi della traccia sono in linea con quanto cantato in carriera dal nostro Russell, il quale, col suo consueto sporcare e incattivire la voce, rispolvera i cari vecchi colori cui da sempre ci aveva abituato. Il sound, in effetti, è più power-oriented e pesante del solito, tradendo una composizione difficilmente attribuibile a uno qualunque del gruppo, che non corrisponda all’identikit di un orso capellone e barbuto di due metri dall’aria assai poco rassicurante.
Senza grossi tumulti arriviamo al giro di boa dell’album, rappresentato da “Last Man On Earth”. Ancora un pezzo dal classico sapore heavy, contaminato però da qualche elemento AOR, come le seconde voci e i cori melodici e un mood semplice e quasi allegro. La voce principale è sempre abbastanza alta ma continua a peccare di versatilità.
Quando leggo nella tracklist “Scream And Shout”, penso subito che stavolta qualcosa di più rimarcabile dovrà succedere. Il riff iniziale sembra promettere bene. Ascoltando il pezzo, però, rimango un po’ deluso: la song sembra quasi un inno in puro stile Manowar, almeno per quanto riguarda il ritornello; il riff di chitarra ricorda, invece, i vecchi Iron Maiden. Dopo il solo interessante si arriva alla coda della canzone, la quale, sfumando, fa svanire anche le mie iniziali rosee aspettative.
“Voice of The Wilderness” sinceramente non aggiunge molto all’economia generale dell’album. Le influenze melodiche AOR si rifanno vive, gli assoli rimangono all’interno di un cliché fin troppo abusato a eccezione di un breve segmento à la Joe Satriani, dunque non propriamente originale.
Quando ormai lo stai pensando veramente, ti imbatti appunto in “All Hope Is Gone”. Un’altra cosa cui avevo pensato più volte durante l’ascolto del cd era proprio il fatto che mancasse una ballad a spezzare un po’ la monotonia delle composizioni. Eccola qui! Ok, il consiglio è di aspettare a cantar vittoria perché è vero che finalmente qui Allen ha modo di dare sfumature più espressive e interessanti alla sua voce ma, ahimè, è altrettanto evidente che questa non scriverà certo una pagina saliente nel grande albo delle rock ballad della storia. Rimane comunque una canzone piacevole, nella quale spunta finalmente un pianoforte, seppur ordinario, a dare un tocco di umanità in più.
Dopo la ballad è consuetudine dare una sferzata heavy al contesto. Ed ecco arrivare “Demonized” a smuovere un po’ le acque. Il pezzo è bello movimentato e spicca anche un bell’assolo, la voce riesce a disegnare un andamento un po’ più oscillante e quindi meno prevedibile.
“The Soul Is Eternal”, penultima traccia. Assai rockeggiante fino al break centrale in cui ritroviamo un breve passaggio di pianoforte (che sinceramente sembra messo un po’ li a caso) a fare da apripista ai due soli di chitarra. Rientra poi Allen a terminare la song con un paio di strofe pulite e alte al punto giusto.
L’ultimo pezzo è “Forevermore”. Il riff portante richiama alla mente ancora una volta i britannici pionieri del genere. Fuoriesce timidamente anche uno spiraglio di doppia cassa. Il refrain è sempre molto orecchiabile e, come accade spesso in questo debut, contribuisce a piantarti in testa la canzone fin dal primo ascolto.
Siamo giunti, quindi, a dover dare un giudizio finale all’album. Devo dire che date le premesse di line-up mi sarei decisamente aspettato qualcosa in più. Il platter, pur esibendo melodie abbastanza catchy, sembra più un’accozzaglia di pezzi fotocopia che un vero e proprio lavoro ispirato. La quasi totalità dei pezzi finisce con un fade-out, cosa che denota una certa mancanza di idee, come se il tutto fosse stato confezionato in fretta e furia, girando intorno a un paio di soluzioni scontate, tanto per dare una melodia cantabile qualsiasi ai vari pezzi, senza poi preoccuparsi di portarli a un livello successivo. Anche la voce di Russell sembra risentire di una struttura musicale troppo semplice, schematica e ripetitiva. Certo, non canta mai male, però la questione non è questa. Pare alquanto evidente che la sua incredibile voce per risultare veramente tale, debba necessariamente essere un tassello di un puzzle più complesso e articolato, in cui possa muoversi e variare mood interpretativo anche più volte all’interno di un singolo brano, anziché rimanere “intrappolata” in una staticità ostinata, prerogativa di questo genere musicale.
Detto ciò, è comunque necessario puntualizzare una cosa: se siete in cerca di un cd orecchiabile, melodico e senza troppe pretese, siete sulla buona strada; qualora, invece, siate alla ricerca di qualcosa che possa arricchire il vostro bagaglio emotivo, beh, vi consiglio di rivolgervi altrove. Se il progetto avrà un seguito, ai posteri un’ulteriore ardua sentenza.