Recensione: Cherry Pie
Quando i Warrant pubblicarono Dirty Rotten Filthy Stinking Rich era il 1988, ovvero: tardi. I Whitesnake era ormai una decina d’anni che dettavano legge nel campo dell’hard rock melodico, mentre i Mötley Crue avevano invaso il mercato già dal 1982. La scena angelina aveva già dato tantissimo alla causa e la Scandinavia vedeva ormai consolidate diverse sue formazioni come gli Europe e gli Hanoi Rocks. Per i Warrant non è stato affatto facile arrivare sul mercato subito dopo dischi come 1987, The Final Countdown, Slippery When Wet, Inside the Electric Circus, Night Songs, Girls Girls Girls, Permanent Vacation, Appetite for Destruction… insomma, di concorrenza ce n’era eccome.
Nonostante tutto Dirty Rotten Filthy Stinking Rich ebbe un ottimo riscontro e aprì le porte per il vero capolavoro di casa Warrant: Cherry Pie fu registrato presso gli The Enterprise Studios e pubblicato l’11 settembre 1990. Purtroppo però la vena d’oro della band iniziò e si esaurì tutta qui: di dischi come Cherry Pie non ne avevano fatti e più non ne faranno.
Piano in pieno rock’n’roll, armoniche quasi country e chitarre accattivanti; passaggi blues, ballad romantiche, riff sfrontati, ritornelli orecchiabili e trascinanti: in Cherry Pie c’è tutto quello che la scena hard/street/glam ha nel proprio DNA. Dalla fantastica Cherry Pie – che apre il disco – è un susseguirsi di vere e proprie gemme di hard rock melodico. Su tutte, oltre alla già citata title-track, è doveroso ricordare l’accoppiata di metà disco formata da Sure Feels Good To Me e Love in Stereo, veri e propri monumenti alla sana ‘tamarraggine’ dei tanto compianti eighties. Insomma, i Warrant danno il meglio di se stessi quando si tratta di unire liriche a sfondo sessuale con brani dal traino incalzante e dalle melodie seducenti o che quando si tratta di spendere belle parole per cantare il proprio amore a qualche fanciulla (vedi Blind Faith).
La forza del gruppo americano sta nel saper sintetizzare in maniera perfetta lo spirito degli act street/glam alla passione per la melodia di stampo AOR; diventando veri e propri simboli di quella corrente che venne chiamata “Arena rock”. Adrenalina e classe sono gli elementi che hanno fatto grande Cherry Pie: un disco dall’accattivante suono tanto americano quanto europeo. Grazie a questo episodio Jani Lane entrò nell’olimpo delle ugole d’oro della scena, mentre la coppia di asce Joey Allen e Erik Turner si guadagnò una certa fama nonostante voci di corridoio vogliano che a suonare tutte le linee di chitarra di questo disco sia stato Mike Slamer, ex-Street.
Cherry Pie è un titolo imprescindibile per chi si dice amante di certe sonorità ed è un disco altrettanto prezioso per chi vuole cominciare ad aggirarsi tra le fila di questi pitonati d’epoca.
Curiosità: Il brano Cherry Pie fu scritto in 45 minuti da Jani Lane su richiesta di Don Lenner, presidente della Sony Music (a cui il brano è dedicato). Il disco era già completo ma la label voleva assolutamente un singolo degno di questo nome. Su questo pezzo la chitarra solista è affidata a C.C. DeVille (Poison). Per una volta dobbiamo dire grazie all’etichetta…
Tracklist:
01. Cherry Pie
02. Uncle Tom’s Cabin
03. I Saw Red
04. Bed of Roses
05. Sure Feels Good to Me
06. Love in Stereo
07. Blind Faith
08. Song and Dance Man
09. You’re the Only Hell Your Mama Ever Raised
10. Mr. Rainmaker
11. Train, Train
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini