Recensione: Chez Kane
Come avranno notato i suoi venticinque lettori, il sottoscritto tende a recensire sovente e soprattutto le uscite di veterani dell’hard rock (chessò, giovincelli come Blue Oyster Cult o Asia). A questo giro, invece, il vostro recensore, in sede di scelta dell’album da esaminare nel pool di uscite Frontiers del mese, si è incuriosito rispetto all’opera prima di una giovane leva, tale britannica Chez Kane. Ha così ottenuto di commentarne il lavoro di esodio da solista (la giovane già ha un passato insieme alle sue sorelle nei Kane’d).
La curiosità, certo associata al richiamo esplicito nelle note stampa a glorie dell’AOR e del class metal al femminile come le predilette Lita Ford e Vixen, ma anche ad un certo intuito evidentemente allenato da qualche decennio dedicato allo scrivere di musica, ha fatto centro. “Chez Kane”, infatti, è un disco d’esordio sorprendente, che unisce la freschezza della giovane cantante ad un genere oggettivamente retrò ed adatto alle corde del vostro umile recensore.
Fondamentale qui, va detto, è l’apporto del produttore, quel Danny Rexon dei Crazy Lixx che rappresenta un vero e proprio deus ex machina del disco.
Il full-length è costituto da dieci proiettili carichi di energia: in pratica – fatto quantomai inconsueto per un album AOR – non viene proposta alcuna ballata vera e propria. L’unica concessione ad un andamento più slow è, infatti, Dead End Street midtempo caratterizzato dai tocchi delicati del sintetizzatore e dal mood appena un pò più melodrammatico rispetto al tono solare generale dell’opera.
Alcune delle altre canzoni avrebbero rappresentato vere e proprie hit se avessero visto la luce negli anni Ottanta del secolo scorso.
Too Late For Love, ad esempio, è un hard rock/AOR contraddistinto da riff di chitarra e piano che fa venire in mente i Toto e le Heart. Ancora, Rocket On The Radio, è un tirato rock “adulto” di stampo statunitense ed ottantiano, che ben valorizza in canto della Kane (in particolare nel ritornello catchy assai) così come Get It On, dal riff ribaldo e dall’andamento alla Vixen.
Lo stesso dicasi di Midnight Rendezvous (tiratissimo uptempo con voce tutta fuori e chitarre al fulmicotone) e di Ball N’ Chain (AOR innodico e trascinante tra Vixen, Heart e Bad English)
Certo i suoni e l’ispirazione dei brani citati sono suoni di altri tempi, che si rifanno ad un’epoca gloriosa di certo rock, ma preferiamo Chez nelle canzoni così caratterizzate piuttosto che in altre quali Defender Of The Heart o la più energica Die In The Name Of Love, che esibiscono un AOR lucidino tutta voce e tocchi di tastiere elettronica dallo stile più vicino ad altri progetti un po’ più anonimi in questo ambito. Si distingue, su questa falsariga, Better Than Love, grazie alla intrusione di un gradevole suono di sax.
In definitiva, il progetto deliberato di ricreare lo stile di Vixen, Lita Ford, Heart, Robin Beck , Saraya può dirsi pressoché riuscito, pur con tutte le cautele del caso rispetto ai confronti con la grandezza di queste regine dell’AOR del passato (peraltro molte ancora in attività).
Le canzoni di “Chez Kane” sono, difatti, egregie sul fronte del songwriting e dell’arrangiamento, la voce della protagonista è all’altezza del compito e svetta su tutti i brani e l’album nella sua interezza ci riporta gradevolmente alle atmosfere care agli appassionati dell’AOR al femminile del tempo che furono.
Una bella sorpresa, brava Chez, alla quale non si può che augurare una lunga carriera.
Francesco Maraglino