Recensione: Child Within The Man
Sebastian Bach è lo storico cantante degli Skid Row degli anni del successo planetario, il quale ha diviso – a quanto pare irreversibilmente – la propria strada da quella della celebre band metal ormai una vita fa.
Da allora il vocalist non è certo mai stato con le mani in mano, dividendosi tra impegni live e apparizioni in musical, film, serie TV.
Bach mancava, però, dal mercato discografico da ben dieci anni, ovvero dai tempi del suo ultimo solo album “Give ‘Em Hell”.
Oggi il nostro riappare finalmente con un nuovo full-length ed è, lo diciamo subito, un ritorno col botto. “Child Within The Man” è, infatti, un dischetto stracolmo di vitalità, come appare evidente fin dall’opener Everybody Bleeds.
Everybody Bleeds, appunto, è un eccellente brano aggressivo, incalzante, che trafigge l’ascoltatore con riff circolari ficcanti e scuri ed una voce graffiante e sempre all’altezza della situazione.
Sullo stesso sentiero, ma non una maggiore componente melodica, si collocano Freedom, impreziosita anche dalla chitarra di John 5 (Mötley Crüe) e Future Of Youth, ingemmata dalla sei-corde di Orianthi.
Se le canzoni sopra descritte hanno tanti punti in contatto con l’heavy rock travolgente che ha contraddistinto il sound di Bach fin dai tempi degli Skid Row, non mancano nel nuovo album influenze del rock duro più moderno e contemporaneo, rispetto alle quali verosimilmente ha messo del suo il produttore Michael “Elvis” Baskette (Alter Bridge, Mammoth WVH).
Pensiamo, ad esempio, a Hard Darkness (dalle nounce “anni novanta”) e a F.U., ficcante, groovy e furioso metal che vede la partecipazione del grande Steve Stevens , celebre ascia di Billy Idol.
Un altro lotto di tracce è orientato ad un hard rock/class metal più piacione e catchy, come la spavalda What Do I Got To Lose?, scritta in collaborazione con Myles Kennedy degli Alter Bridge e della band di Slash, e come About To Break, dai limpidi assoli di chitarra e con il basso in bella vista.
Non mancano, però, in “Child Within The Man”, tracce connotate da un hard rock più cadenzato e magmatico come (Hold On) To The Dream – pure qui la sei-corde è sugli scudi – ed un’ unica ballata emozionale come To Live Again.
Insomma, il ritorno su disco di Sebastian Bach consta di brani quasi tutti di grande potenza hard’n’ heavy (e non a caso i brani più melodici stanno entrambi in coda), connotati, oltre che dalla voce in gran forma e dalle chitarre in bella vista degli ospiti e del “titolare” Devin Bronson, di una sezione ritmica implacabile come quella costituita da Todd Kerns (basso, band di Slash), e Jeremy Colson (batteria).
Il sound valorizza la propria potenza di fuoco anche grazie al lavoro al master dal mitico Robert Ludwig (Led Zeppelin, Jimi Hendrix, Tool, Kiss, Metallica, ma anche Donald Fagen e Eagles …), che contribuisce ad una delle migliori uscite di rock duro, finora, di questo 2024.
Francesco Maraglino