Recensione: Chronicles Of The Immortals: Netherworld II

Di Roberto Gelmi - 7 Novembre 2015 - 10:00
Chronicles Of The Immortals: Netherworld II
Band: Vanden Plas
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2015
Nazione:
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80

La band progressive metal tedesca per eccellenza, dopo venti mesi dall’ultimo studio album torna in scena con l’ottavo disco in carriera, seconda e ultima parte del concept basato su Die Chronik der Unsterblichen di Wolfgang Hohlbein. Nel platter sono contenute le Visioni 11-19 e tutto torna rispetto alle soluzioni musicali d’arrangiamento del primo capitolo targato 2014. L’artwork è una variazione sul tema dualista del concept e mostra un losco figuro incappucciato, il cavaliere nero, erto sopra un cumulo di teschi. Tutto prelude all’ennesima proposta di musica significativa, iniziamo l’ascolto e reimmergiamoci nella vicenda di Andrej.

Le danze si aprono in modo teatrale e pomposo. La prima delle nove canzoni in scaletta, “My Universe“, inizia con un brevissimo intro soffuso per poi esplodere in un riff metal roccioso in tre quarti con perfetto connubio chitarre-tastiera. I Vanden Plas hanno la capacità di richiamare in un attimo alla mente le atmosfere della prima parte del concept e la calda voce di Kuntz è quella del perfetto attore navigato. Nella seconda parte il brano presenta un break con coro di voci bianche dalla buona longevità, in definitiva un opener soddisfacente.
Il singolo “Godmaker’s Temptation” è un mid-tempo ben arrangiato e arioso, con armonie che nel finale rievocano vagamente i connazionali Blind Guardian (già citati nell’artwork?). Voce e pianoforte nei primi attimi di “Stone Roses”, poi largo alla furia metal, sempre contenuta ma efficace nei dischi dei Vanden Plas. Le ritmiche sono impetuose, le tastiere di Günter Werno suonano sapienti vista l’esperienza del keyboard player (e alcuni synth ricordano quelli di Richard West dei Threshold). Azzeccati anche gl’inserti di chitarra acustica e al quinto miunto non manca un unisono gustoso.
La suite centrale “Blood of Eden” è un mezzo capolavoro. Pianoforte e violoncello all’avvio, poi dei fiati e Kuntz duetta con una suadente voce femminile su linee vocali fatate (la voce della moglie defunta del protagonista). Il refrain è emozione pura, così la sua riproposizione a inizio del quinto minuto con il solo Kuntz su tonalità più alte e chitarre. Segue un cambio di tempo repentino, si torna in tre quarti e le strofe si alternano a sezioni strumentali graffianti. Il finale sembra in sordina e invece il brano torna a riproporre il maestoso refrain nel suo sfarzo.
Altro brano medio lungo, “Monster” stupisce con un ritornello («Are you a monster, are you a saint?» ripresa della Vision n°2), dove, alla voce di Kuntz, risponde un coro in growl. Ottimi gl’inserti di archi, il basso è pulsante, il drumwork minimale ma icastico, l’assolo di chitarra al settimo minuito ispirato. “Diabolica Comedia” è un altro pezzo organico al concept, ma con alcuni momenti davvero sollazzevoli, specialmente quando i ritmi rallentano e si creano parentesi acustiche.
Gli ultimi venti minuti del disco si compongono di sole tre canzoni.
Where have The children gone”, brano più corto in scaletta, più che una ballad è un altro mid-tempo dal refrain disteso e nella seconda parte l’hammond, accostato alla voce filtrata di Kuntz, dà vita a momenti tirati. Inizio e finale maestoso, invece, per “The last fight”, con coro e doppia cassa: I Vanden Plas sanno dosare magistralmente metal e poesia, il main theme è sbarazzino e vincente.
Rintocco di campana all’avvio della conclusiva “Circle of the devil”, con primi quattro minuti orchestrali, seconda parte metal e ripresa dell’opener. Un finale piccolo sinfonico che rende merito a un concept dalle mille potenzialità.

Niente da segnalare, il gruppo tedesco si conferma su buoni livelli di forma. Alcuni arrangiamenti dalle tinte fantasy calzano a pennello al concept, la produzione è pulita e bilanciata. Unico e palese difetto dell’album è la prevedibilità del sound messo in campo dai tedeschi, ma non è certo una colpa, semmai una precisa scelta di coerenza stilistica. Un disco come Christ 0 resta insuperato, chiedere ai Vanden Plas l’azzardo di riproporre un simile capolavoro è chiedere troppo di questi tempi, accontentiamoci di ascoltare la band teutonica in forma e motivata.
A voi approfondire il concept, booklet alla mano, buon ascolto!

 

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

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