Recensione: Cicatriz Black
Praticamente come un fulmine a ciel sereno tornano anche i siciliani Schizo,
gloria italica idolatrata dai fan del vecchio, marcissimo metal estremo italiano
per quel Main
Frame Collapse che nel 1989 aveva tracciato una via (poi
sfortunatamente persasi nelle eterne vicissitudini della discografia nazionale)
delineando un thrash metal realmente ‘estremo’, ai confini a volte con certo
grind ante litteram, che presupponeva ottimi sviluppi successivi.
Gli sviluppi, lo si è accennato, non ci furono, ma oggi la band sicula torna
con una line-up rinsaldata dal ritorno alla chitarra dello storico S.B. Reder
e una voglia di far male che si ricollega direttamente a quanto espresso in quel
seminale disco. Superata una certa deriva ‘panteriana’ che i pezzi del combo
avevano avuto nel limbo quasi ventennale tra i due full-length – ben evidenti
per esempio nell’EP Sound of Coming Darkness o nel singolo Nero
– gli Schizo propongono, con Cicatriz Black, un sound che
obiettivamente ha pochi eguali nella scena odierna: il miscuglio di base è
sempre quel thrashcore con forti influssi Discharge et similia, con
ritmiche quasi sempre esasperate (ma va detto del tutto ‘umane’, non esaperate
digitalmente), ma a tutto si è andata a sovrapporre una venatura melodica
decisamente moderna. Non pensiate però alla melodia svedese, come si può
leggere qua e là in qualche analisi un po’ troppo superficiale, ma ad un
solismo fresco, che non si basa più solo su strutture punk per risultare
feroce.
Pezzi come Odium Restitution, 2.20 minuti di aggressione in your
face, introducono velocemente agli Schizo versione 2.0: veloci,
taglienti (si sentono spesso echi black di matrice svedese nei brani), abrasivi,
specialmente nelle vocals di Nicola Accurso. Altri brani mostrano una
faccia più complessa ed articolata: Seen the Signs Before, con la sua
struttura in continua evoluzione, è l’esempio migliore; mentre Lacrima Khristi
rappresenta gli Schizo più riflessivi, il che significa sì un pezzo fast
and furious, ma anche rallentamenti e pause di riflessione atte a dare più
carica all’insieme.
Se poi la controversa intro di M.G. 1942 non vi basta per capire che
questo disco vuole avere anche atmosfera, quella cupa e malvagia che molti
dischi black di oggi si sognano, allora riascoltate con calma e pazienza questo Cicatriz
Black: un album che comunque mette le carte in tavola immediatamente,
grazie anche ad una produzione sorprendente (è italiana, ma se non ve lo
scrivessi non ve ne accorgereste) ed alla capacità di non perdere nulla dello
stile originario, senza però soffermarcisi inutilmente. E chi non ci crede si
senta Phanatical XXX per un giudizio definitivo…
La cover di Morricone The Sicilian Clan, con tanto di mandolini,
chiude degnamente un album personale, coraggioso e che guarda al futuro: gliela
vogliamo dare, questa volta, una vera chance?
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. Odium Restitution
2. Seen The Signs Before
3. Lacrima Khristi
4. M.G. 1942
5. Demise / Desire
6. Agonizing
7. Phanatical X-X-X
8. Shine Of Scars
9. Coma’s Grip
10. The Sicilian Clan (Ennio Morricone Original Soundtrack cover)