Recensione: Circles
Bisogna tornare indietro di ben quarantasei anni per raggiungere le origini degli Shooting Star. Siamo a Kansas City, è il 1960, e due mocciosi di cinque anni – Ron Verlin (basso) e Van McLain (chitarra) – stregati dallo show dei Beatles alla famigerata trasmissione televisiva di Ed Sullivan, iniziano a prendere lezioni di musica assieme ai rispettivi fratelli.
Una storia come tantissime altre, dunque, che solo nel 1974 vide le prime avvisaglie di ciò che sarebbe stato uno degli act di culto dell’AOR americano: nel 1978 arrivò il contratto con la Virgin e nel 1980 l’omonimo debut. Sulla scia del clamore suscitato uscivano quindi altri quattro album, l’ultimo dei quali, “Silent Scream” è considerato da chi scrive l’apice compositivo della band. Il 1986 segna anche lo scioglimento del gruppo: in pochissimo tempo tutti gli album andarono fuori catalogo – sono tutt’ora introvabili – tanto che nel 1989 McLain decise di produrre per suo conto un “best of”, per la prima volta su CD, riproponendo brani che continuavano comunque ad andare per radio. Il successo valse agli Shooting Star una nuova proposta di contratto da parte della Enigma Records, e la registrazione del sesto album, “It’s Not Over”, nel 1990. Fu un fuoco di paglia, perché prima del 1999 non ci furono i presupposti per un nuovo album, tentativo per lo più nostalgico che vide in “Leap Of Faith” il rientro nella band dei membri originali Steve Thomas (batteria) e Shane Micheals (violino).
Devono passare ancora sei anni prima che i nostri trovino la forza, spinti dalla nostra Frontiers Records, a produrre l’ottavo album, “Cirlces” appunto.
Accorre a dare nuova linfa alla band un nuovo frontman, Kevin Chalfant, conosciuto nell’ambiente AOR per la sua militanza nei The Storm, nei The Vu e nei Two Fires. Il singer appare in forma fin dalla opener “Runaway”, up-tempo promettente per il proseguo dell’ascolto, grazie all’ottimo tiro e alla voce di Kevin, che sì, fa un po’ il verso a Steve Perry, ma è anche uno dei pochi a saperlo fare bene. A dire la verità era dai tempi dell’ultimo album dei The Storm (“Eye Of The Storm”, 1995) che si attendeva una simile performance.
A dire il vero, tutti brani risultano più energici rispetto alle due uscite precedenti, scostandosi un po’ dal puro AOR che contraddistinse lo stile Shooting Star: “I’m A Survivor” e “Trouble In Paradise” esaltano con i loro riff avvolgenti, i cori quasi maestosi, e le ritmiche incalzanti, sempre in up-tempo.
E’ da notare, però, un calo piuttosto preoccupante nella parte centrale dell’album, una sorta di “svuotamento” rappresentato maggiormente dal trittico centrale “Borrowed Time”, “Everybody’s Crazy” e “Temptation”, non giustificabili con un ritorno alle melodie suadenti e cristalline, dal momento che così non è: quando i nostri vogliono, sanno puntare dritti al bersaglio, come testimoniano “Without Love”, romantica e raffinata song in stile Journey, impreziosita dal lavoro di Micheals al violino, e “We’re Not Alone”, gioiellino pomp che fa capo alla scuola Kansas.
Per gli affezionati, un’uscita imperdibile. Per gli altri, consigliamo comunque un ascolto per rivivere i fasti di una cult band dell’AOR stelle e strisce.
Tracklist:
- Runaway
- Without Love
- Trouble In Paradise
- George’s Song
- Borrowed Time
- Everybody’s Crazy
- Temptation
- I’m A Survivor
- We’re Not Alone
- What Love Is