Recensione: Circles
I romani Their Ocean Of Words, Jacopo Pesciarelli alla voce, Mattia Panini e Giacomo Pizza alle chitarre, Manuel Tarquini al basso e Danilo Menna alle percussioni, dopo un primo singolo, “June 1957”, dato alle stampe nel 2011 sotto l’egida della RR To Live Agency, tornano in pista con un demo di cinque canzoni più una bonus track, dal titolo “Circles”.
L’impressione è subito buona, sia alla vista che all’udito: i Their Ocean Of Words colpicono positivamente per l’artwork curato, dai ricorrenti temi “circolari”e per una registrazione di ottimo livello, pur trattandosi di un demo autoprodotto. La loro musica è fondamentalmente un death/metalcore vicino a quello degli All Shall Perish nelle parti più tirate e più As I Lay Dying – oriented per quanto riguarda l’approccio alle parti melodiche, inoltre qua e là si odono influenze di complemento, dal post thrash a sonorità decisamente vicine al neonato djent metal.
Il lato estremo del cantato è di alto profilo: Jacopo mostra di destreggiarsi piuttosto bene tra growl, scream e harsh vocals; meno convincenti viceversa le clean vocals, forse un po’ troppo melodiche e perfettine, ma d’altronde la linea su cui si gioca l’alternanza tra i due stili vocali è decisamente sottile e sono veramente in pochi al mondo a poter veramente affermare di saperla gestire al 100% senza mai correre il rischio di cadere nelle facili tentazioni di orecchiabilità e fruibilità.
L’intro dall’originalissimo (eheh) titolo “Intro” non ha un’utilità particolare e lascia in fretta spazio alle mazzate delle ottime “A Son Of Hatred” e “Above The Empire”, pesanti, tecniche e melodiche; con un grande lavoro di batteria a reggere i pezzi e le chitarre a rincorrere in un insieme di grande dinamismo, eppure, mai troppo cervellotico o inintelligibile.
“Building Their Own Gomorrah” è probabilmente la top track di “Circles”; l’andamento incalzante colpisce nel segno, il cantato è ok e i rallentamenti atmosferici sono davvero ben congegnati: grande padronanza della materia e ottima esecuzione, un brano che potrebbe fare invidia a gruppi di prima fascia. “Outspoken” ha un riffing più cadenzato e spezzettato, molto All Shall Perish, suoni puliti e chitarre taglienti, indispensabili per rendere tutto il lavoro che vi sta dietro senza trasformare il tutto in un’incomprensibile bailamme; di rilievo come al solito le vocals e in particolare le parti in pulito, le migliori di tutto il mini-album.
Chiude la title-track: ad un incipit lento e malinconico segue un climax gestito perlopiù da ottime linee vocali, clean in primo piano, growl/scream nelle retrovie, e il risultato non va troppo lontano dai quello dei Killswitch Engage più romantici e crepuscolari. La traccia bonus altro non è che una riproposizione del primo singolo e va detto che se da un lato la proposta dei Their Ocean Of Words pare essersi leggermente ammorbidita rispetto a quei tempi, la qualità del materiale è in ogni caso di livello medio alto e globalmente piuttosto omogenea. La qualità c’è, l’originalità magari meno, ma ci troviamo ad ogni modo di fronte ad un gruppo con le idee chiare, elevati mezzi tecnici a disposizione e in grado, cosa non da poco, di creare canzoni ben riconoscibili e dotate di una propria personalità. Avanti così.
Stefano Burini
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Line Up
Jacopo Pesciarelli: Voce
Giacomo Pizza: Chitarra
Mattia Panini: Chitarra
Manuel Tarquini: Basso
Danilo Menna: Batteria
Tracklist
01. Intro
02. A Son Of Hatred
03. Above the Empire
04. Building Their Own Gomorrah
05. Outspoken
06. Circles
07. June, 1957 (Bonus Track)