Recensione: Circling Buzzards
Album di debutto per i norvegesi Manngard che, dopo l’ep omonimo,
tornano con questo Circling Buzzards. Un disco
abbastanza difficile da assimilare, violento, nervoso e dal piglio moderno, che
ruota attorno agli scritti di William Faulkner e al mondo di follia
ambientato nei paesaggi rurali descritti dall’autore americano.
Data la provenienza e il nome di questa formazione mi sarei aspettato
decisamente altro, invece, quando ho inserito Circling
Buzzards nel lettore per la prima volta e mi sono trovato di fronte a
una proposta inseribile nell’ampia categoria “metalcore”, sono rimasto
leggermente sorpreso e scosso dalla carica dirompente di questi brani potenti,
concisi e diretti. Canzoni compresse tra influenze thrash slayeriane, spunti
death metal, ripartenze grind, vocals quasi perennemente urlate, cambi di regime
repentini, il tutto riarrangiato secondo i dettami moderni del metalcore. Quindi
un lavoro pronto a cavalcare uno dei trend odierni, con un andamento convulso, a
volte schizofrenico, in cui i riff taglienti di Olav Kristiseter e
le urla sguaiate di Olav Iversen (membro anche degli Sahg) non
danno molte occasioni per poter prendere fiato.
Tutte qualità apprezzabili se non fosse per la difficoltà con cui le canzoni
di Circling Buzzards si pongono all’orecchio
di chi si appresta a questa mezz’oretta di musica, in cui si ha la sensazione di
ascoltare un po’ di tutto ma in cui non si riesce a mio avviso a inquadrare dove
i Manngard vogliano andare a parare. Un disco elaborato e contorto
solo all’apparenza, perchè una volta assimilato meglio, ci si accorge che dietro
a un songwriting (in principio) abbastanza variegato, si prospetta una certa
piattezza di fondo, in cui le buone idee espresse non riescono a decollare.
Difatti Circling Buzzards suona come un lavoro
discontinuo, in cui la variabilità delle tracce non riesce a diventare il
principale pregio, ma una sorta di ancora per l’attenzione degli ascoltatori.
Poi se andiamo a esaminare anche i momenti migliori, non è che la situazione
cambi molto, con soluzioni ritmiche ampiamente canonizzate negli anni,
riproposte senza troppa originalità. Si parte bene con l’opener
Wreathed In Rot, probabilmente il brano migliore del
lotto, in cui si ha un discreto bilanciamento di tutte le parti, ma si affonda
subito con le seguenti Safe With Me e Gravegang in un
“polpettone” metallico privo di mordente. Neppure la presenza di Grutle
Kjellson (Enslaved) riesce ad accendere maggiore interesse, che
riaffiora solo con la quinta Bury the Head, dotata di buon groove, e la
seguente Unattainable Fuck, finalmente un brano che si distingue dalla
massa, bello sparato, malato e ben calibrato nei suoi frangenti. Il resto del
disco si mantiene poi sempre sullo stesso standard generale, proprio di una band
che ha voluto mettere forse troppa carne al fuoco senza avere ancora i mezzi
(leggasi esperienza) necessari per un disco del genere, con la sola Into the
Quagmire a farsi apprezzare per un ritornello che vi entrerà facilmente in
testa e per buone accelerazioni sul finale.
Possiamo dire quindi un bicchiere mezzo vuoto per i Manngard, autori
di un disco non pienamente sufficiente, che nonostante tutto fa intravedere
qualcosa di buono, ma dall’andamento troppo altalenante.
Circling Buzzards potrà comunque piacere a più di un ascoltatore
dalle “ampie vedute” alla ricerca di qualcosa di non troppo impegnativo,
schizzato, violento e con una produzione sparatissima. Per ora rimandati.
Stefano Risso
Tracklist:
- Wreathed In Rot
- Safe With Me
- Gravegang
- Tomb of God
- Bury the Head
- Unattainable Fuck
- Into the Quagmire
- It Was Demons
- Blood on my Face