Recensione: Circu5
Steve Tilling, cantante e polistrumentista inglese al suo debutto, ha presentato il suo album, affermando di aver voluto fare un album divertente da ascoltare ma che potesse anche avere una buona storia capace di catturare coloro interessati ad andarvi sino in fondo (“I wanted to make an album that’s fun to listen to but has a good story for those who like to dig deeper.”). Trovo questa un’affermazione non felicissima, perché mi fa guardare al soggetto dell’opera – la storia di un bambino cresciuto come uno psicopatico da un’organizzazione segreta per fini commerciali e militari – come a un mero pretesto per impreziosire dei brani che, sempre a dire di Steve Tilling, riflettono le emozioni che egli ha avuto mentre li componeva.
Un espediente, dunque, che pare accompagnare la sensazione che sembra dare l’album durante il suo primo ascolto e specialmente con le prime tracce, ossia quella che questo lavoro sia semplicemente il capriccio di un ottimo musicista, il desiderio di potersi identificare con una pubblicazione che possa dare, semplicemente, compimento alla sua passione per la musica. Per fortuna, però, già al secondo ascolto, Circu5 (da leggere “circa-5”) entra nelle vene, si mostra un’opera coraggiosa, forse progressive, nonostante inizi, dopo un’intro acustico, con la punkeggiante “Degenarate Mind”, un alternative rock che collide con lo Ska e prosegua poi, in “Stars”, con uno stile vicino a quello dei Foo Fighters e con suoni che mi ricordano i Nightingale di Dan Swano, specialmente nella voce. Dopo un breve interludio, il piano e le melodie di “Strings” si aprono alle sonorità dei Radiohead. Di nuovo un alternative rock un po’ punk rock, seppur introdotta dall’acustica, con la fresca “Blame It On Me” dal ritornello lievemente alla Porcupine Tree. L’album continua a crescere con “The Amazing Monstrous Grady”, un brano cadenzato, introdotto da un organetto circense. Infine vi è la lunga suite divisa in cinque parti, brani raffinati, con tinte progressive, ricercate, dalle numerose influenze (almeno: King Crimson, Rush e Yes) e soprattutto emozionanti, che mi fanno definitivamente ricredere sul valore dell’album e sulla causa che lo ha scatenato, mostrando quell’esigenza compositiva e creativa propria di ogni lavoro autenticamente artistico.
Sono serviti cinque anni a Steve Tilling, per produrre un disco d’esordio colmo di ospiti di un certo peso – Dave Gregory (XTC, Big Big Train), Phil Spalding (Mike Oldfield), Matt Backer (Julian Lennon), Alan van Kleef (Rachel Stamp), Johnny Warman (Peter Gabriel) e Andy Neve (Steve Hackett) – e con ancora più influenze, riuscendo, però, a mantenere un’anima originale e di carattere. Ciru5 non è eccellente, non è esente da difetti ma è un buon album, scorrevole e piacevole, che necessita, tuttavia, più di un ascolto, non perché particolarmente complesso ma proprio perché in apparenza troppo semplice. Il suo aspetto spiccatamente melodico, infatti, non deve ingannare e così si potrà godere di un songwriting ispirato, purtroppo inficiato da una produzione non all’altezza, che pregiudica la valutazione complessiva del platter.