Recensione: City of Ruins
A due anni di distanza dall’ultima fatica discografica il 27 ottobre 2018 uscirà il nuovo album dei marchigiani Ibridoma, per la precisione il quinto della loro lunga carriera, questa volta prodotto dalla Punishment 18 Records.
Il nuovo lavoro, dal titolo ‘City of Ruins’, mette assieme tutta l’esperienza dei musicisti, assestati come formazione da cinque anni, per creare un Heavy Metal moderno, legato alla melodia più che all’irruenza, ma non per questo privo di energia e di trame che oscurano l’anima.
‘La forza scorre potente’ nel disco, il cui sound è incisivo e determinato anche quando è teso a trasmettere un certo senso di disperazione. Veloci o cadenzate, dai ritmi stoppati o romantiche, le tracce sono tutte legate da un filo conduttore: una scrupolosa ricerca della melodia.
Sulla bravura dei musicisti non c’è nulla da dire: sono tutti di elevata qualità artistica e gli strumenti legano molto bene con la voce di Christian Bartolacci, molto comunicativa ed unica nel suo genere.
Il songwriting è vario e dinamico, duro quanto serve e con un buon groove, con gli Ibridoma che percorrono il proprio sentiero sicuri di quello che vogliono comunicare.
La sezione ritmica è di grande impatto, sia durante le sezioni dove è la velocità a prevalere sia quando i tempi sono cadenzati; gli assoli seguono precise linee melodiche e s’integrano bene con il lavoro della voce, mantenendo musicalmente le stesse sensazioni che da quest’ultima.
‘City of Ruins’ è composto da dieci tracce, della durata di circa trentacinque minuti; un album breve ma che esprime tanta intensità.
Le danze si aprono con ‘Sadness Comes’, impattante, potente e pestata ha strofe decise ma anche oscure e pesanti ed un refrain passionale e coinvolgente, con un assolo dinamico preceduto da una breve e cupa narrazione.
La seguente, ‘Evil Wind’, è più veloce, con una ritmica più legata ai tempi odierni; le strofe sono pestate, mentre il refrain lascia più respiro. L’assolo esce all’improvviso, porta ad un tempo cadenzato e poi al refrain che chiude il pezzo.
La terza traccia, dal titolo ‘T.F.U.’, è un brano che potrebbe diventare un buon singolo, adatto un po’ a tutti i palati, non troppo duro, con una buona linea melodica ed un assolo di chitarra lungo e luminoso che sa di speranza.
Al contrario, la traccia che segue, ‘Di Nuovo Inverno’, ha un ritmo cadenzato molto severo ed angosciante, soprattutto durante il refrain, cantato in italiano per aumentare il senso di disperazione: l’inverno è paragonato alla conclusione di un periodo, quando si tirano le somme e si comprende amaramente di non essere riusciti a realizzare tutto quello che si desiderava.
A metà del disco giunge il brano che gli dà il titolo: ‘City of Ruins’, composta da strofe dal ritmo stoppato, contro-strofe melodiche ed un refrain arioso ed aperto. L’assolo è molto melodico e segue la tessitura del refrain. Il finale lascia spazio alla speranza, con una struggente strofa recitata nella nostra lingua su sottofondo acustico: ‘ora che tutto sembra perso, che tutto sia accaduto, troveremo la forza per rialzarci ancora’. Frase più che attuale.
Dopo la Title-track ritorna la potenza con ‘Angel of War’ e ‘My Nightmares’, pezzi dalle strofe sfrontate ed i refrain determinati e coinvolgenti, rappresentano l’Heavy Metal moderno.
Il brano seguente è ‘Fragile’, che, a dispetto del titolo, è un pezzo duro e determinato, come dice l’andamento iniziale della batteria. La sua struttura lo rende adattissimo per far esplodere il pubblico.
Chiudono l’album ‘Terminator’, dura, pesante e maligna con un assolo dirompente e ‘I’m Broken’, che è l’esatto contrario: acustica, melodica e romantica.
Cos’altro si può ancora dire: ‘City of Ruins’ è un album più che buono, che proietta in avanti la già valida carriera degli Ibridoma. Avanti così!!!