Recensione: Claw

Di Marco Donè - 19 Agosto 2015 - 21:41
Claw
Band: CLAW
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2014
Nazione:
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58

I Claw, quintetto svizzero capitanato da Niko Prensilevich, nascono nel 2008 e, come spesso accade alle band del paese d’oltralpe, sono autori di una proposta alquanto ambiziosa. Basandosi su un concept post apocalittico, i nostri fanno convergere nelle proprie composizioni elementi heavy/thrash e gothic. Dopo la dovuta gavetta, la band di Ginevra arriva al disco di debutto, l’omonimo Claw che ci troviamo a curare in queste righe, nel 2014 tramite la label svizzera Czar Of Crickets Productions.

 

Come dicevamo, il quintetto porta avanti un concept post apocalittico ed in quest’ottica i testi ricoprono un ruolo importante nell’economia della band. Paure e speranze, sensi di colpa e voglia di riscatto, vengono descritti con liriche mai banali e molto curate che trovano la corretta trasposizione in musica in quella particolare formula fatta di heavy/thrash e gothic che la band porta avanti. Iniziando l’ascolto del disco veniamo subito catturati da trame chitarristiche coinvolgenti in cui la melodia non viene mai trascurata. Le maggiori influenze del quintetto svizzero sono facilmente riconoscibili e rispondono ai nomi di Megadeth – in particolare quelli del nuovo millennio – e Paradise Lost. Degno di nota anche il lavoro della sezione ritmica composta da Oscar Martensson al basso e Jean Glycy” alla batteria, in grado di ben integrare ed accompagnare le atmosfere e le melodie create dalle chitarre di Serge Morattel e Bruce Borgeaud.

 

Va però detto che ad ascolto finito Claw si rivela un album discontinuo, la cui prima parte ospita le canzoni più ispirate come l’aggressiva Out Of The Vault, canzone per cui è stato girato un video, o la più moderna Alpha 13, una delle canzoni migliori del disco caratterizzata da un ottima dinamica in cui spicca un ritornello ben studiato. Degna di nota anche la ballad Alone in cui fanno capolino influenze à la Tiamat che ben si sposano con le tematiche che stanno alla base della band. Tocca poi a Dawn Of A New Era che si rivela traccia migliore del disco in cui le influenze Megadeth e Paradise Lost vengono fatte convivere in maniera molto personale. Purtroppo, da qui in poi, il disco prenderà una piega meno felice con canzoni meno accattivanti ed ispirate rispetto a quelle appena citate, canzoni dalla struttura a tratti ripetitiva. Claw ritorna nella giusta carreggiata alla fine, grazie alla bella My Arch Enemy ed all’articolata strumentale The Alphapocalypse posta in chiusura del disco.

 

Un altro aspetto che va ad incidere in maniera non positiva nell’economia del disco, risulta essere una perdita d’identità che trapela in alcune delle tracce meno convincenti. L’influenza dei Megadeth, infatti, in certi frangenti diventa troppo marcata con il rischio di cadere nel plagio. Canzoni come Today e Sandstorm sono l’esempio lampante di quanto appena detto. La stessa voce di Niko Prensilevich, cantante sicuramente non tra i più tecnici, spesso tende ad assomigliare troppo a quella di Dave Mustaine, perdendo quella personalità e quel colore che ben figurano in tracce come le già citate Alpha 13 e Dawn Of A New Era. Anche produzione e missaggio avrebbero potuto esser più curati, le chitarre avrebbero meritato una maggiore presenza e la batteria un miglior equilibrio.

 

Come considerare quindi Claw? Come un disco dalla doppia faccia. Un disco che presenta canzoni convincenti ed in cui è evidente una certa personalità e canzoni meno ispirate in cui, in qualche frangente, la personalità appena citata viene meno. Un disco che lascia un po’ l’amaro in bocca ad ascolto ultimato in quanto, dopo un inizio convincente, non è riuscito a mantenere le aspettative create. Il quintetto svizzero realizza quindi un lavoro che convince a metà. Ovviamente, avendo una metà positiva, è innegabile che le capacità ci siano, solo vanno sviluppate meglio, cercando di prendere sempre più le distanze dai punti di riferimento e cercando di creare una propria identità, come peraltro Niko Prensilevich e compagni sono stati in grado di fare in più di qualche traccia di questo loro primo full length. Claw è quindi un lavoro che presenta qualche ingenuità a cui però, essendo il disco di debutto, proviamo a chiudere un occhio considerando il tutto come un peccato di gioventù, dettato, forse, da una piccola dose di inesperienza. Non rimane che aspettare la prossima prova sulla lunga distanza, sperando che il quintetto svizzero possa sviluppare al meglio gli aspetti positivi presenti in questo primo disco.

 

Marco Donè

 

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