Recensione: Claws

Di Stefano Ricetti - 23 Settembre 2018 - 12:30
Claws

Come riportato all’interno di un live report di qualche mese fa, nel momento in cui mi imbattei negli Epitaph alive, lungo lo scorrere dell’Acciaio Italiano Festival VIII, tenutosi lo scorso 21 aprile fra le mura dell’Arci Tom di Mantova, realizzai che l’Italia aveva finalmente ritrovato e nuovamente legittimato quel suono cupo, cimiteriale, sinistro, che a loro tempo incisero nella pietra i primi Death SS e il Violet Theatre successivamente. 

Non era la mia “prima” in qualità di spettatore a un concerto del combo veronese, ma quella notte, vuoi per l’atmosfera, per i suoni, per la band particolarmente “in palla”, le trame nero pece del Doom regalate da Emiliano Cioffi (Voce), Lorenzo “Loah” Loatelli (Chitarra), “Nico” Murari (Basso) e Mauro Tollini (Batteria) sgorgavano in maniera così naturale che era davvero un piacere essere lì davanti a loro, ad inebriarsi di storia.     

Questo uno stralcio di quanto scrissi:

[…] gli Epitaph infiammano le anime dannate dei presenti grazie a una prova sulfurea, fottutamente vigorosa, tanto da far riavvolgere il nastro del tempo a più di un astante sino a tornare a quel periodo magico di tanti anni fa ove Death SS – prima – e Paul Chain Violet Theatre dopo furono in grado di fornire la miglior cifra stilistica della storia che il Doom italiano ricordi. L’atteggiamento istrionico del “posseduto” Emiliano Cioffi ha contribuito parecchio alla riuscita dello show, fra i vari ceri e la lapide centrale con la scritta Epitaph in bella vista.

A oggi l’ensemble veneto vanta numero due full length seguiti ad alcuni demo: “Crawling Out Of The Crypt” del 2014 e “Claws”, del 2017, oggetto della recensione, inframezzati dallo split “Dies Funeris/Farewell To Blind Men” insieme con gli Abysmal Grief.

Il cd si declina su cinque pezzi per una durata di quarantun minuti abbondanti di musica e vede la luce per la label tedesca High Roller Records. Ad accompagnarlo un libretto di sedici pagine con tutti i testi, un disegno in bianco e nero per ogni singolo pezzo realizzato nientepopodimeno che dal frontman Cioffi, le note tecniche di rito e per chiudere una suggestiva foto in stile interno-galeone Running Wild di una scrivania con le immagini dei componenti la band dalle tinte ingiallite.     

Il limite ma anche la forza del Doom risiede nella circoscrizione delle sonorità e del songwriting, ed è proprio per questo motivo che chi si cimenta con convinzione in questo poderoso filone dell’heavy metal merita senza se e senza ma l’attenzione degli appassionati. Gli Epitaph, grazie anche al background vecchia scuola di gente come Tollini e Murari – basta citare i funerei Black Hole e i Sacrilege poi? – sanno ampiamente districarsi all’interno dei Sacri Comandamenti dei suoni oscuri, senza per nulla sbracare e men che meno oltrepassarne i monolitici confini.

In quest’ottica va inquadrato “Claws”: un coacervo di Doom dalla pigmentazione classica che spazia dai Candlemass ai Black Sabbath andando a solleticare anche le band più “nere” della Nwobhm, il tutto condito in salsa Epitaph. Il disco necessita di più ascolti ripetuti, per poter così entrare in sintonia con l‘interpretazione vocale a tratti recitativa di Emiliano Cioffi, autentico animale Doom in veste live, personaggio tanto irresistibile e carismatico sulle assi di un palco così come poco immediato da digerire lungo i solchi di un full length.   

Fra gli episodi meglio riusciti compaiono “Waco The King”, addirittura dal flavour a la Slayer in alcuni passaggi e la malata “Wicked Lady”, un cavallo di ritorno – proveniente dal demo del 1992 “Sacred And Profane” – dalle forti linee d’impatto di stampo Black Sabbath ma la sensazione è che gli Epitaph il meglio su disco lo debbano ancora dare, così da legittimare anche in studio l’aura di killer band che da mo’ e meritatamente si sono conquistati in anni di battaglie metalliche alive.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti