Recensione: Cliff ‘Em All
Nell’insieme dei fattori che permettono a un qualunque recensore di valutare un’opera rientra quasi sempre la sensibilità che lo stesso ha stimolato vivendo certe opere d’arte, sia attraverso lunghi e approfonditi ascolti sia lasciandosi andare all’istinto di percepire ogni minima sfumatura musicale. La musica però fa solo sognare e immaginare l’arte, soprattutto se chi ascolta non può recepire per motivi geografici le atmosfere reali dei contesti in cui una corrente artistica si va sviluppando.
Parlo della California e di quel naturale influsso artistico che è germogliato in quei luoghi dando vita nel tempo a dei capolavori immortali. Parte di tanta bellezza non sarebbe mai venuta a galla senza un documento storicamente così importante come Cliff’Em All. Il prezzo da pagare è ancora oggi insostenibile, ma accettato. Quel famigerato 27 settembre 1986, nefasto giorno a Ljungby (Svezia) in cui perse la vita in un incidente l’allora bassista dei Four Horsemen, Cliff Burton, ha indotto alla realizzazione di questa VHS (oggi anche DVD). Nella tragedia ancora qualcosa di grande si è compiuto.
Come tutti i grandi atti nascono dall’impulso di voler lasciare il segno nella storia così, dettati dall’onore della memoria, Hetfield e co. decidono di fissare su nastro i documenti video più significativi del percorso che ha legato questi quattro ragazzi, consacrandoli con soli tre album all’immortale e splendente ricordo dei tempi. Il bello è che questo documento non solo omaggia con grande profondità concettuale l’operato e il significato esistenziale che l’artista scomparso ha donato ai Metallica, ma rappresenta un vero e proprio modus vivendi che ha alimentato un’intera generazione di fans e di artisti, dediti ad uno stile di vita fatto di semplicità e scorribande, intriso di principi di forte invettiva sociale e molto ricettivo verso correnti stilistiche e artistiche proprie dell’hardcore e dello speed metal, con cui il thrash fu in continuo connubio.
Come per il thrash stesso, i suoi artisti hanno vissuto un periodo equivalente a una ‘candela che brucia da due lati’, veloce come la musica stessa, luminosa come la potenza abbagliante della propria espressività, sonora e calda come il contatto della stessa ai problemi sociali di cui tanto ha difeso i valori. Cliff ‘Em All ha ancora il fascino di questa strana candela che fluttua nell’infinito. È un’opera che racchiude la memoria dei primi affascinanti concerti live datati 1983 come il Live At Stone (con la chicca rappresentata dalla presenza di Dave Mustaine su Whiplash) e che riserva altri gioiellini di memorabile caratura, su tutte l’esecuzione di Master of Puppets durante uno dei tour più importanti della carriera dei Metallica, a supporto di Ozzy Osbourne.
Spesso al giorno d’oggi si sputano sentenze su dischi come il ribattezzato Black Album o Load, ma ci si è mai domandati perché i Metallica hanno composto dischi così particolari? La critica e i fans hanno mai compreso veramente la profondità di certi capolavori (nelle fasi di composizione di …And Justice For All l’età media era di ventiquattro anni)?
La risposta, a parere di chi scrive, è che la netta differenza stilistica percepita non è legata a fattori compositivi, ma ambientali perché il thrash metal non si costruisce in studio, ma nella vita. Certi dischi nascono naturalmente e nessun ‘making of video’ potrà essere più esplicativo di un processo compositivo alla Cliff’Em All. Giudico davvero difficile, se non impossibile, che qualcuno possa mai eguagliare quei quattro primi masterpiece, da Kill ‘Em All ad …And Justice for All, nemmeno i Metallica stessi perché ormai maturi e lontani dalla vera fonte creativa che li ha fatti nascere.
Cliff’Em All è la sintesi più pura e rappresentativa del giovane cuore pulsante di una band che ha scritto la storia del genere, ma che pian piano si è spenta come quel giorno si è spento Cliff. Exodus, Megadeth e Slayer non verranno per questo dimenticati (onore a chi ha saputo ergersi a rappresentante del movimento nascente), ma il compendio più completo del thrash è qui dentro e non sarà mai più ripetibile. È una gran fortuna poter dire di riuscire a guardare in faccia la musica.
Nicola “nik76” Furlan
Tracklist:
01 Creeping Death (live’86)
02 Am I Evil? (live’86)
03 Damage, Inc. (live’86)
04 Master of Puppets (live’86)
05 Whiplash (live’83)
06 The Four Horsemen (live’85)
07 Fade to Black (live’85)
08 Seek & Destroy (live’85)
09 Welcome Home (Sanitarium) (live’86)
10 For Whom the Bell Tolls (live’85)
11 No Remorse (live’83)
12 Metal Militia (live’83)