Recensione: Climax of Hatred

Di Daniele Balestrieri - 1 Febbraio 2006 - 0:00
Climax of Hatred
Band: Ad Hominem
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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71

Ritorna per la terza volta in quattro anni, dopo una serie molto proficua di split con questa e quella band, il più oltranzista rappresentante del panorama black francese, e lo fa, bisogna dirlo, con il proverbiale “botto”. Dopo numerose apparizioni sulle riviste più blasonate del panorama musicale, che hanno dato la possibilità a tutti di conoscere gli eccessi – fisici e ideologici – del nostro Kaiser Wodhanaz, finalmente il “creatore”, come ama farsi chiamare, è tornato a creare un disco che è molto più black metal nell’aspetto che non nella sostanza. Non si può di certo dire che da Planet Zog, furioso e sregolato come un disco di Ildjarn, di strada non ne sia stata fatta. Climax of Hatred è un CD più accessibile, pur mantenendo la sua natura brutale di base. Tutte le canzoni infatti mettono in campo il solito arsenale bellico di chitarre tirate, percussioni martellanti e cantato in pieno scream diabolico, il tutto immerso in scenari post-bellici apocalittici industriali, ben evidenziati anche nel libretto dove nel caos monocromatico le ciminiere diventano bocche di cannone, i rovi diventano fili spinati e i carri armati si intrecciano con figure di morte e devastazione.
Visto anche il suo orientamento politico, sempre presente ma mai dichiaratamente palesato in quest’ultimo album, compare anche una canzone in tedesco in mezzo al nugolo di feroce disprezzo per la razza umana.
Il disco, in realtà, è tutt’altro che un macigno insormontabile. Non è puro rumore come i Feldgrau e non è ricercato come i prodotti black di terra scandinava.
Quest’ultimo lavoro è caratterizzato da una serie di variazioni di melodie e di situazioni che rendono l’album più che godibile; in particolare in brani come “Join or Perish” si nota per esempio uno stile cavalcata quasi figlia dell’heavy metal.
Mi aspettavo un album noioso in realtà – almeno questo è l’effetto che mi ha fatto Planet Zog – ma per fortuna Climax of Hatred è tutto fuorché noioso: le canzoni si differenziano bene l’una dall’altra, le idee non mancano e sono ben inserite nel contesto di ogni traccia – non mancano pause, rumori, esplosioni, parti quasi al limite dell’industrial-core e parti anche più riflessive, se di riflessivo si può parlare in un album comunque così grezzo.
Rimane da chiedersi se una simile freschezza sia un bene o un male; in senso assoluto è un bene sicuramente, perché il disco è sicuramente malleabile, orecchiabile e una buona, sebbene comunque canonica, espressione di black metal mittel-europeo; nel relativo potrebbe aver deluso i suoi fans più acerrimi che vedevano in lui quel “supportatore di ogni carneficina”, quel muro invalicabile per pochi. Per questi ultimi sicuramente questo è un album debole e compromesso. C’è da chiedersi se il valore assoluto della musica debba piegarsi a simili leggi, ma del resto il Kaiser se l’è un po’ cercata da solo.
Un album buono, breve (poco più di 30 minuti), insomma, accessibile – questa è la chiave di volta – e che non porta con se grandi infamie. Non durerà per sempre, visto che non batte sentieri inesplorati, ma saprà regalare dei bei momenti e far passare il tempo molto velocemente.

TRACKLIST:

1.
  Loading Genocide…
2.  Climax Of Hatred
3.  As I Long For…
4.  Death To All
5.  The Upper Art
6.  Join Or Perish
7.  My Loudest Scream Of Hate
8.  Achtung!
9.  Crypt Of Fear
10.  :D/S/R:

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