Recensione: Clinic for Dolls
Nati nel 2006 come valvola di sfogo del chitarrista Maurycy Stefanowicz (ex- Vader e Dies Irae), gli Unsun sono un gruppo gothic metal sinfonico, che arriva, con questo “Clinc for Dolls”, al traguardo del secondo full-length.
Il musicista polacco, aiutato dal batterista Wawrzyniec Dramowicz “Vaaver” (Indukti), dal bassista Filip Halucha “Heintich” e dalla cantante e compagna di vita Annelyse Stefanowicz, si riaffaccia sul mercato a due anni di distanza dal precedente e non molto convincente “The End of Life”.
Purtroppo anche in questo caso i risultati sono ben lontani dal soddisfare pienamente l’ascoltatore. “Clinic for Dolls”, esattamente come il suo precedente, si muove su territori già esplorati in precedenza da innumerevoli band, limitandosi a riproporre i cliché del proprio genere, senza la minima personalità.
Musicalmente ci troviamo davanti a un mix tra le melodie pop/rock dei Lacuna Coil o degli Evanescence, con influenze di quel metal sinfonico tanto caro a Nightwish ed Epica.
Premendo il tasto play ci si trova al cospetto di dieci pezzi di una banalità e di una pochezza che lasciano talvolta basiti. Il songwriting appare piatto e scarsamente ispirato e ogni canzone lascia in mente quella fastidiosa impressione di già sentito.
L’apertura del lavoro viene affidata a “The Lost Way”, una track di facile presa estremamente prevedibile nel suo incedere. La song viene introdotta dal piano, seguito poi da chitarre, basso e batteria, che tessono le musiche sulle quali va a poggiare la voce della singer. L’andamento dell’opener è lineare, con poche variazioni melodiche, e risulta nel complesso poco interessante.
Andando avanti, gli altri episodi si mantengono tutti sullo stesso stile. Le tastiere e Annelyse sono spesso le protagoniste, come si può sentire nella ballad “The Last Tear” -che riporta alla mente le melodie di “Lovers (I’ll Wait for You) degli americani Ascension Theory- o ancora in “I Ceased”, stilisticamente molto vicina agli Evanescence.
Tra i brani più movimentati, l’unica che presenta qualche spunto gradevole risulta essere “Why” che, pur non brillando per originalità, si lascia ascoltare con relativo piacere. Il pezzo in questione è altresì l’unico in cui le chitarre si fanno sentire con maggiore potenza.
Tra i pochi aspetti positivi dell’album, va sottolineata una prestazione molta buona da parte di tutti i musicisti coinvolti; l’unico membro che si presta a critiche è la giovane cantante, dotata di una voce ancora acerba e poco personale.
Ottima la qualità della registrazione, grazie a volumi ben calibrati e suoni potenti e cristallini, in grado di mettere in risalto l’operato di ciascun membro.
In conclusione possiamo dire che, ancora una volta, gli Unsun non riescono a colpire come ci si aspetterebbe. Complici un songwriting il più delle volte al limite dell’accettabile e una voglia di raggiungere il successo nel modo più semplice e rapido, questi ragazzi perdono di vista la qualità della musica, che in questo caso si attesta su livelli decisamente sconfortanti.
Augurando loro di riuscire a trovare una strada propria il più presto possibile, per ora non ci resta che consigliare il disco solo ai fanatici di questi quattro ragazzi polacchi.
Emanuele Calderone
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Tracklist:
01- The Lost Way
02- Clinic for Dolls
03- Time
04- Mockers
05- Not Enough
06- The Last Tear
07- Home
08- I Ceased
09- A Single Touch
10- Why