Recensione: Code Of Discipline
Dario Cappanera è un dannato del Rock duro, uno che da sempre si rifiuta di recitare il ruolo del comprimario in un ambiente nazionale dove invece è la fottuta regola e il protagonista deve sempre essere il lavoro, quello vero, per dirla come i benpensanti e lo stesso mercato, che considerano il musicista metallico nostrano come un essere alieno al sistema. Credere in un sogno fatto d’acciaio in Italia non paga ma ci sono quelli come Kappa che pur di urlare al mondo la propria libertà d’essere prendono armi e bagagli e si trasferiscono negli Stati Uniti per anni, senza per questo dimenticare e men che meno rinnegare i luoghi d’origine.
Strana Officina, Rebel Devil, Kappanera, Cappanera, guitar tech di Vasco, collaborazioni musicali a go-gò e da ultimo il ruolo di attore all’interno del film “I Più Grandi di Tutti” di Carlo Virzì, da poco uscito nelle sale, questo in due righe il bagaglio artistico di Dario Cappanera detto Kappa, da Livorno, chitarrista di talento ma anche di sostanza.
Lacrime, sangue, delusioni, chilometri macinati nella notte ma anche soddisfazioni che non tutti i mortali possono assaporare, come sul palco del Gods Of Metal 2006 di fronte ad un pubblico folto e adorante per il ritorno della Strana Officina.
Per un musicista vivace e sempre in fermento come Kappa è normale, nel corso dei decenni, covare sotto le ceneri la possibilità, un giorno, di incidere un album solista, nella piena libertà artistica che tutto questo può voler significare, a partire dal cantato, per al prima volta ad appannaggio del chitarrista.
Ecco quindi materializzarsi sotto forma di dischetto ottico nove brani inguainati in una copertina tratta da una foto scattata nella campagna fatta di canali fuori Livorno, anche se pare di essere nella Louisiana. A completare il packaging un libretto ben curato a fisarmonica di otto pagine, con tutti i testi.
Zapping selvaggio fra vari pezzi che ‘un c’entrano un tubo con la musica dura e d’incanto la chitarra di Dario Cappanera imposta un riffone vecchia scuola grasso e potente che in due secondi toglie di torno il minimo di spazzatura accumulato nelle orecchie a inizio brano. Incalza anche la voce dello stesso Kappa, a sostenere l’opener Crucifyin’ You, diretta conseguenza di anni di ascolto di Ozzy Osbourne solista.
Coordinate più HM in Code Of Discipline, con un’ascia portante rubata ai Venom di The Evil One, ovviamente con il resto a discostarsi nettamente dai Guerrieri Neri di Newcastle. L’ugola di Kappa è sensuale, roca, figlia di corde vocali scorticate da decenni di Marlboro e sufficientemente efficace alle casse, per essere al debutto, anche se i margini di miglioramento non mancano di certo. Il solo è degno di quanto di buono fatto dallo stesso Dario con la Strana Officina, e questo basta e avanza, sia per qualità che per quantità.
Anni Ottanta a manetta in Get Up Here, fra Black Label Society e Zakk Wylde sotto Ozzy, con un coro alcoolico degno dell’hard marcato Sunset Boluvard alle luci dell’alba, dopo ore di bagordi. Nothing Left To Say è il prodotto di anni passati negli Usa fra Guns N’ Roses, Motley Crue, Lynyrd Skynyrd, quindi non rimanendo in patria a rimirare la Meloria. Per lo scriba uno degli highlight del disco, fra accendini al cielo e lacrime facili, uno di quei brani che sanno entusiasmare ma anche commuovere, magari nella notte con ancora le orecchio che fischiano e sanno di Marshall sulla via del ritorno verso casa. Per l’occasione Kappa alla voce credibilissimo, a pieno agio su tonalità morbide.
Mazzate a sei corde in The Mess, ma è solo l’inizio, poi atmosfere scure e malinconiche si impossessano del brano ed è un crescendo fino alla fine, fra soli e cambi di tempo azzeccati. Prendi un cantante vero con una grande Storia alle spalle del calibro di Pino Scotto e mettilo dietro al microfono, poi fai partire il buon Kappa, che con la chitarra, anche nella sua accezione blues ci sa fare di brutto, aggiungi Rola e Bigi e spegni la luce: le note e i suoni di Still Got The Blues ti porteranno in universi magici e già vissuti sulla pelle di quelli che erano teenager – ma non solo loro -, a cavallo fra gli Ottanta e i Novanta, Gary Moore docet. Il capolavoro di Code Of Discipline, punto.
Dogs Are Back In Town mostra il gran lavoro di Mattia Bigi al basso, la batteria di Rolando Cappanera non si discute et voilà, l’ulteriore pezzo figlio del blues e dell’hard rock anni Settanta del disco. Constant Sorrow, come da titolo, non è un inno alla spensieratezza ma una canzone introspettiva che denota come il buon Kappa abbia assimilato la grande lezione di un Signor cantante con la esse maiuscola come Daniele Ancillotti, quando si tratta di modulare su parti crepuscolari e non in-your-face. Trouble Honky Tonk chiude Code Of Discipline all’insegna dei Motorhead di Whorehouse Blues, fra armonica e Southern puro, a segnare il degno epilogo di un album variegato dai contenuti adulti.
Code Of Discipline è il risultato di anni di sogni e idee messe nel cassetto e si sente alla grande, quindi debutto ok da parte di Kappa, anche se nessuno mi toglie dalla testa che il Nostro possa fare di più e meglio in futuro. Quello che più conta, però, è che molto probabilmente Fabio e Roberto, idealmente, saranno fieri di un disco che sa emanare larghe emozioni Hard’N’Blues made in Livorno a ogni nota, anche e soprattutto in Loro onore.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
01. Crucifyin’ You
02. Code Of Discipline
03. Get Up Here
04. Nothing Left To Say
05. The Mess
06. Still Got The Blues (feat. Pino Scotto)
07. Dogs Are Back In Town
08. Constant Sorrow
09. Trouble Honky Tonk
Line-up:
Dario “Kappa” Cappanera – voce, chitarre
Mattia Bigi – basso
Rolando “Rola” Cappanera – batteria