Recensione: Collapse To Come
Nuovo album per i tedeschi Reactory: ‘Collapse To Come’, terzo siluro fotonico che segue ‘Heavy’, del 2016, e ‘High on Radiation’, del 2014, distribuito via Iron Shield Records dal 27 marzo 2020.
Il nuovo lavoro trasuda un Thrash primordiale, feroce ed inarrestabile atto a sbriciolare qualsiasi muro gli si ponga davanti.
Nessuna contaminazione, nessuna sperimentazione od altre adulterazioni di sorta. I Reactory non la mandano a dire; prendono il Thrash anni ’80, nato prepotentemente nelle lande della loro Germania ad opera di Sodom, Kreator, Destruction e poi da Tankard, Assassin, Exumer ecc. e lo rendono loro con estrema semplicità.
Questo però vuol dire che quello che fanno, per quanto possa essere suonato bene, è già stato ripetutamente fatto ed i Reactory, purtroppo, per quanto tecnicamente validi, non riescono ad eguagliarlo, figuriamoci a superare la creatività artistica dei nomi sopracitati (mica solo loro … intendiamoci!).
Pertanto l’album sa parecchio di già sentito e, anche se dura solo poco più di mezz’ora, alla fine un poco stanca l’orecchio.
Questo anche se gli ingredienti ci sono tutti: velocità brutale, aggressione sonora paragonabile ad una putrella tirata sul naso, un batterista che a fine incisione avrà avuto le spalle lussate, una voce collerica abrasiva ed un gran lavoro della chitarra solista. Esecutivamente molto bravi, sicuramente la voglia di sbattere la testa la fanno venire e dal vivo devono essere una vera forza della natura, ma il loro limite, almeno per ‘Collapse To Come’, stà nel songwriting: a parere di chi scrive la voglia di seguire i sentieri tracciati dai loro predecessori limita i Reactory e li porta a perdere di personalità.
Personalità che nel disco a tratti si sente, come in ‘Misantropical Island’ od in ‘Born from Sorrow’, guarda caso i due brani dove la velocità esecutiva è un po’ più controllata, e questo fa ben sperare per il futuro, ma per il resto rimane nascosta, la ferocia prende il sopravvento ed il combo va giù a rotta di collo, come nell’iniziale ‘Space Hex’ o nella successiva ‘Speedboat Piracy’ od ancora in ‘Drone Commander’, proprio come facevano i Thrasher anni ’80, solo che loro erano i primi, rappresentavano una novità, un modo nuovo di intendere l’Heavy Metal e non c’era nessun altro che suonava come loro, in parole povere erano stupefacenti. Al giorno d’oggi, purtroppo, di brani come questi ne siamo pieni, anche prodotti di recente, per cui non si può ritenere valido ‘Collapse To Come’ solo perché garantisce un furioso e spasmodico headbanging.
Non disperiamo comunque, come si dice ‘non tutte le ciambelle riescono col buco’ e non basta un album così così per affossare una band che comunque ha dieci anni di esperienza e delle doti tecniche non da poco. Attendiamo il prossimo lavoro. Per ora, a malincuore, il giudizio non può essere positivo.