Recensione: Collision
Quanto ci si può ingannare leggendo delle note biografiche? Tanto, a giudicare dall’ascolto di Collision, opera prima dei C-187. La super-band in questione è infatti formata, come ormai anche i sassi sanno, da Patrick Mameli (ex-Pestilence) alla chitarra e responsabile di tutto il songwriting, da Tony Choy (devo dire dove ha suonato? Atheist, Cynic, gli stessi Pestilence) al basso, da Sean Reinert (vedi sopra) alla batteria e dal giovane Tony Jelencovich, noto più che altro per la brevissima appartenenza agli Mnemic, al microfono.
Sulla carta quindi Collision dovrebbe essere il disco death tecnico dell’anno, sfruttando in pieno la voglia di riscoperta che ha portato prima gli Atheist e poi i Cynic a riformarsi per concerti e, nel caso dei secondi, anche per del nuovo materiale; ma la realtà è ben distante. Mameli ha infatti voluto orientare il proprio songwriting su sonorità ben più moderne, che hanno nei Meshuggah le loro influenze maggiormente estreme ma che rivendicano un forte influsso da ambienti estranei allo stesso metal, e non, come ci si aspetterebbe, verso lidi jazz: è il gangsta rap a farla da padrone nell’attitudine, nelle lyrics e a volte nella cadenza dei pezzi.
Il tentativo va sicuramente lodato in quanto coraggioso, e non si può negare che i musicisti responsabili di questo disco siano, innegabilmente, dei veri e propri mostri dello strumento, ma… in ultima analisi, manca qualcosa. Manca decisamente del collante, qualcosa che amalgami pezzi come la meshugghiana Collision ad altri fin troppo groovy, come Drugged And Mugged, ai confini col crossover più tamarro e ridondante; manca spessore in un’atmosfera che, per quanto riguarda i titoli dei pezzi, rischia di diventare involontariamente comica: Murda (lasciate stare le assonanze, maleducati), P.C.P. [Murda in my Head] (idem) o Cruisin’ 4 A Bruisin’ormai non le scrivono più nemmeno dalle parti di Brooklyn…
L’impasto sonoro non è comunque da buttare, e più di un pezzo si fa notare con decisione, ma il disco perde molto mordente verso la fine della tracklist, lasciando l’ascoltatore a chiedersi perché proseguire nell’ascolto, il che è decisamente un peccato. Come è un peccato che dietro a questo disco ci siano i musicisti succitati, che hanno le carte in regola per fare ben altro: sincero e spontaneo, questo disco manca il bersaglio però sia quanto a tempi che quanto a qualità complessiva.
Alberto Fittarelli
Tracklist:
01. Collision
02. Cruisin’ 4 A Bruisin’
03. Roadblock (D.O.A)
04. Drugged And Mugged
05. Stalker
06. Murda
07. Homicide
08. P.C.P. (Murda In Ma Head)
09. Rip Deal
10. Sidewalk Chalk
11. Knee Deep In
12. Life Is Dead
13. Strapped With Heat
14. New Territory