Recensione: Colours of Faith
I lituani Sisyphean, attivi dal 2012, con l’ultimogenito nonché secondo full-length in carriera, “Colours of Faith”, rinvigoriscono la loro essenza ibrida, ove le specie musicali coinvolte sono black e death metal. Una fattispecie che si ritrova spesso e volentieri, in giro, e da più e più anni. Tagliando sul nascere elucubrazioni tanto complesse quanto sterili, si può affermare che la mistura risponda a una delle più recenti ramificazioni del metallo della morte: il dissonant death metal.
Giusto per rispettare il titolo dell’incipit ambient, ‘Before the Light’, ‘Scorched Timeless’ scatena l’Inferno Buio. Il contrario di quello classico, in cui si stagliano bagliori di fuochi così come lo ha immaginato Dante Alighieri. Un lembo dello spazio-tempo, dalle quattro dimensioni non percepibili dall’occhio umano, in cui tuttavia la musica permea per intero il tesseratto. Riuscendo, così, a sbatacchiare qualsiasi particella, anche le sub-atomiche e, nondimeno, i tachioni. Una similitudine la quale dimostra che nell’Inferno Buio tutto può accadere.
Anzitutto il mood, che vaporizza in emozioni tetre e oscure come l’angoscia, la tristezza, la malinconia. Escluso tutto ciò che ruota, anche a distanze siderali, dalla gioia. E, ancora da più lontano, dalla felicità. Sensazioni, queste ultime, fugaci, ingannevoli, traditrici, a volte crudeli.
Quasi per magia Dainius P. raccoglie a sé tutta l’umana trasfigurazione dell’ugola in un rovente tubo sulle cui pareti interne la scabrezza raggiunge valori elevati. Una mistura disperata di growling e di harsh vocals che trasportano nei diedri cosmici, anche quelli distanti eoni-luce, la massima disperazione che un’anima tormentata riesca a emanare.
Terrificante l’assalto sonoro, la cui potenza rilasciata è pari a quella di un reattore nucleare. I due chitarristi Adomas V. e Kamil U. erigono senza mai fermarsi un muro di suono abnorme, sul quale sono collocati i jet di spinta controllati da Andrius B. (session bass) e Mantas D. (batteria). L’esito è sconvolgente, poiché il quintetto riesce a produrre grande velocità senza perdere pezzi per strada. Certo, qualche break rallentato c’è (‘Sovereigns of Livid Hope’), ma sembra messo lì apposta per fungere da antitesi alla vera natura dei Nostri e, anche, per rendere il buio ancora più buio.
Il riffing è massiccio, intrecciato, con una rilevante componente solistica che, nel suo incedere dissonante, è forse quello che si percepisce con maggiore intensità nel lavoro delle due asce. Allora, per connotare il sound della micidiale possanza che lo contraddistingue, è d’uopo citare nuovamente la sezione propulsiva, che non perde nemmeno un watt di potenza al salire dei BPM. Anzi, i segmenti più furibondi sono anche quelli in cui l’impatto frontale è massimo. Circostanza che non si trova sempre, nelle band di metal estremo, quando cioè la follia dei blast-beats tende ad appiattire il suono.
Certo, “Colours of Faith” non è un LP che si possa assimilare al volo. Al contrario, necessita di una buona dose di ore per essere assorbito all’interno del corpo, per essere accettato dalla mente. Una volta compiuto questo passo, si spalanca agli occhi la mirabile visione dell’Inferno Buio, fagocitatore di luce e di fallaci speranze in un futuro in cui l’Umanità possa vivere serenamente e in pace. Si è scritto all’inizio: tutto può accadere, in esso. Lo stile dei Sisyphean, peraltro ben centrato e solido, rende fattibile questa astrazione. Annichilazioni, visioni dal sapore fortemente lisergico, cozzi di galassie provenienti da multiversi diversi, morte. Il tutto ottimamente descritto, nell’aere, dalla gigantesca suite finale, ‘Conqueror’.
Per chi sogna il buio a occhi aperti.
Daniele “dani66” D’Adamo