Recensione: Come the Tide
Da Madrid, capitale della Spagna e ombelico della Nazione, arrivano gli Eternal Storm con il loro debut-album “Come the Tide”. Un fatto inconsueto, poiché i Nostri sono nati vent’anni fa, durante i quali hanno pubblicato soltanto un EP (“From the Ashes”, 2013) e uno split (“Elemental Nightmares – V”, 2014).
Il che non significa nulla, perlomeno se si osserva con occhio freddo e distaccato “Come the Tide”. Un disco, cioè, che tutto può sembrare fuorché un’Opera Prima. Irreprensibile nella sua realizzazione, mostra una band assolutamente in grado di poter sgomitare con profitto nella grande massa di suoi simili per poter afferrare sugli scogli il proprio posto al Sole.
L’accenno a Madrid quale città baricentrica della penisola iberica, e quindi molto lontana dal mare, non è casuale, poiché gli Eternal Storm, con “Come the Tide”, danno luogo, al contrario, a una prova maiuscola di melodic death metal incentrato su storie di mare e, più generalmente, di oceani. Melodic death metal in grado di proiettare sull’interno della scatola cranica immagini di onde, di creste spumeggianti, di abissi e di spiagge desolate. Una fervida immaginazione che il quartetto capitanato dal bassista/cantante Kheryon offre a piene mani a chi vuole vivere un’esperienza diversa dai soliti cliché. La quale, emulando quella di Emilio Salgari, offre a chi non ha la fortuna di vivere lungo le coste, odori, panorami, emozioni, che solo e soltanto lì, in quel luogo, si possono osservare, percepire, annusare. Lontani con il corpo, vicini con l’anima.
Gli Eternal Storm estrinsecano la loro arte mediante canzoni più lunghe della media del genere arrivando, cioè, a sfiorare e, a volte centrare, il concetto di suite. Tanta melodia, tanta malinconia. Uno stile dolce e struggente che non si fa mancare nulla, nemmeno brutali e aggressivi passaggi stravolti dalla furia dei blast-beats. Grandi sentimenti si mescolano all’acqua marina, in “Come the Tide”. Melanconia, nostalgia, voglia di lasciarsi andare per annegare abbracciati alle onde, come suggerito dalla stupenda e definitiva suite finale ‘Embracing Waves’.
Pur durando un’ora, il platter non mostra alcun punto morto e tantomeno cali di tensione, filler e roba del genere, atta cioè a completare con segmenti di scarsa qualità un lavoro buono solo a metà ma furbo. No, gli Eternal Storm no. Non ci pensano nemmeno. Si sono presi il loro tempo, hanno composto senza porsi limiti di tempo o barriere passionali. Tutto scorre con naturalezza, nel full-length, intrappolato in una perenne antitesi fra la potenza a tratti devastante del death metal e le delicate armonie più vicine al post-metal – arpeggi di chitarra classica compresi. Un connubio che la formazione spagnola riesce a mettere assieme nel migliore dei modi, travolgendo tutto e tutti come nelle tempeste scatenate da Nettuno, accarezzando il cuore con il sottile languore tipico di chi prende con coraggio e a volte disperazione la via del mare, non sapendo mai se tornerà.
Uno stile pertanto assolutamente personale, perfettamente costruito e altrettanto perfettamente eseguito, che lascia a bocca a aperta in virtù del fatto che il combo giallorosso sia alle prese con il suo primo lavoro. Incredibile.
Come più su accennato, davvero notevole il susseguirsi delle song, ciascuna ambasciatrice di qualche particolare moto dell’animo, reso musica dalla bravura dei quattro coraggiosi viaggiatori del mondo liquido e salmastro. Inutile e sminuente citare nomi e quant’altro di simile: “Come the Tide” va ascoltato nella sua maestosa globalità e, assieme, nelle sue tappe che approdano per la notte in porti ubicati chissà dove. Se proprio occorre citare qualcosa di enorme, allora non rimane che scrivere ‘The Mountain’, clamoroso episodio pregno di pathos, di spettacolari melodie, di furibondi assalti alla velocità della luce, di ritornelli eterni. Una traccia completa in tutto e per tutto che, forse, è rappresentativa al 100% di quello che gli Eternal Storm siano capaci di fare.
Stupenda sorpresa.
Daniele “dani66” D’Adamo