Recensione: Cometh Doom, Cometh Death
Giunge il destino, giunge la morte, e giunge anche il quarto lavoro solista del Naglfar Marcus E. Norman.
Lo svedese di Umeå, forte della pubblicazione di ben tre precedenti album, cerca di bissare il successo di critica (quello commerciale ovviamente non è previsto) indubbiamente raggiunto con il lavoro precedente, And the Physical Shape of Light Bled, un prodotto che ho amato e amo, di fattura eccellente e particolarmente ispirato.
Occorre dire subito che l’impresa è riuscita in buona, buonissima parte, non del tutto purtroppo. La principale causa di questo fatto risiede nell’evidente desiderio di percorrere strade sicure, di non sperimentare, di adagiarsi forse su di una formula di sicura efficacia, quella di un Black molto suggestivo ma pochissimo True. In altre parole, questo sarebbe un album eccellente se non fosse mai uscito il suo predecessore, del quale tranquillamente potrebbe, sia a livello tematico che a livello musicale, costituire il secondo atto.
Invocation of the World Destroyers, l’opener, chiarisce immediatamente ciò che intendo dire, tutti gli ingredienti tipici degli Ancient Wisdom emergono entro i primi due minuti: ritmi cadenzati, liriche incentrate sul satanismo, sulla misantropia, inserti di pianoforte su riff di chitarra gonfi e pesanti, ampie e malinconiche melodie spesso dissonanti, ricche di tonalità minori, sulla quali Marcus esercita il suo screaming, forse meno efficace che nei lavori precedenti… colpa della produzione? Un brano molto gradevole, figlio di un certo modo di fare Black Metal melodico, piuttosto accessibile e di indubbia atmosfera.
Con una tecnica già ascoltata nel lavoro precedente, ossia con un bellissimo intermezzo dove un malvagio pianoforte e opprimenti percussioni la fanno da padroni, il cui titolo è Arphe de a London de Ialpor Salbrox, veniamo accompagnati alla terza traccia.
Sulphurfields, questo è il titolo, è un brano notevole, lo potete scaricare per intero
qui fino al 1-4-2004. La struttura è quella che potremmo immaginare, un bel riff che non avrebbe sfigurato su uno dei primi dischi dei Black Sabbath, un chorus più melodico con bellissimi inserti di piano, qualche stacco di buona fattura e gradevole atmosfera.
Senza alcuna soluzione di continuità si passa alla titla track, introdotta da voci rese “sataniche” da un sapiente uso dei filtri. Brano decisamente cadenzato, siamo quasi in ambito Doom. I testi narrano di sofferenza, morte, previsioni (ed auspici) di sterminio della razza umana. Il chorus introduce una punta di gradita originalità all’interno di un brano che, lentezza a parte, sembra uno sviluppo di quello precedente. Secondo me si tratta di trovare la corretta chiave di ascolto, come anche per i lavori precedenti, forse è più corretto considerare tutto il cd come una unica suite molto articolata e all’interno della quale le tematiche e le sonorità vengono proposte e riproposte in modo ossessivo, provocando nell’ascoltatore un senso dapprima lieve, poi sempre più accentuato, di angoscia, scoramento, rassegnazione; questo gli Ancient Wisdom hanno da tempo imparato a farlo.
Procreation Denied, la traccia successiva, è un pezzo più “leggero”, ricco di inserti di tastiera, più veloce, più melodico, più orecchiabile, anche se non certo meno nero. Le liriche si fanno più esplicite, si tratta di infanticidio, di genocidio dei figli di Jehovahs. Musicalmente un pezzo che riesce ad emergere sugli altri, indubbiamente più vario nella sua maggiormante pronunciata orchestralità e permeato di una certa malinconia che ho gradito molto.
Si passa a Retaliation of the Rebellious… che vi devo dire, si tratta di un altro brano decisamente di ottima fattura, ispirato, impreziosito da un bellisimo chorus, pittosto heavy in senso classico (io non riesco a tenere la testa ferma), e dal consueto intermezzo di pianoforte che risulterebbe ancora più gradito se le melodie variassero un po’ di più… pazienza.
Indovinate? La traccia successiva consiste in un bellissimo brano strumentale con pianoforte e percussioni… so che molti di voi penseranno che mi sto annoiando, invece no, a me questa musica piace davvero tanto, semplicemente voglio farvi capire che quelli tra voi che non apprezzano una musica che ti condanna ad una nera claustrofobia dovrebbero stare lontani da questo platter.
Ma ecco la perla dell’album, la lunghissima Universal Annihilation, traccia finale che chiude il disco come meglio non si potrebbe. Lasciate che dia libero sfogo alle mie sensazioni… non che ci sia un vero e proprio discostamento dalla musica fin qui ascoltata, più che altro è il respiro che si è ampliato, la grandezza della visione finale ha preso forma, la nebbia che ci circondava è svanita, lasciando posto a melodie decisamente toccanti e coinvolgenti, addirittura possiamo ascoltare un assolo di chitarra. Ho quasi l’impressione che il mastermind Marcus E. Norman mi abbia condotto per mano fin qui, facendomi attraversare le lande disperate del Tartaro, attraverso visioni di orrore indescrivibile, per poi mostrarmi in silenzio, con ampio gesto, la magnificenza della totale distruzione da lui operata. Credetemi, non esagero: qui è presente ispirazione allo stato puro, siamo al top delle vette compositive della band e non solo; vorrei che questo brano non finisse mai…
E invece è finito. Io resto immobile nel buio, cosciente di aver ascoltato, ancora una volta, un grande lavoro degli Ancient Wisdom. La traccia finale ha dissolto tutti i miei dubbi, è un lavoro da bere in un’unica,lunga sorsata abbandonandosi alle sensazioni che nascono nella nostra anima. Un album che può essere la colonna sonora di certi momenti in cui desideriamo stare da soli riflettendo, guardando una candela, lasciandoci andare, mentre nessuno ci vede, ai nostri lati deboli, alle nostre piccole disperazioni, a quelle strazianti malinconie che inconsciamente capita di tenere strette per assaporarne il gusto dolce amaro. Se vi siete ritrovati anche in minima parte, anche magari solo un pomeriggio in una vita, in quello che ho scritto in questo paragrafo credo che dobbiate fare vostro questo lavoro il cui voto, già di suo piuttosto alto, risente negativamente solo della incombente presenza del suo altrettanto magnifico e forse troppo influente predecessore.
Tracklist:
1) Invocation of the World Destroyers (6:17)
2) Arphe de a London de Ialpor Salbrox (1:04)
3) Sulphurfields (5.14)
4) Cometh Doom, Cometh Death (8:12)
5) Procreation Denied (6:48)
6) Retaliation of the Rebellious (4:45)
7) A Acroodzi de a Galvah
8) Universal Annihilation (14:54)