Recensione: Coming Through
Per Ryo Okumoto “Coming Through” forse è uno scherzo, forse è la dimostrazione che una carriera lunga e soddisfacente può continuare a sfornare dischi freschi e godibili: sì, perché giunto al ventiduesimo album solista (!!!), dopo 4 studio album con i progsters Spock’s Beard, il pianista/tastierista giapponese si cimenta in una pirotecnica carrellata rock che lascia davvero interdetti.
L’inizio è disarmante. “Godzilla vs. King Ghidarah” è un pezzo di free-jazz/fusion a tre: Okumoto alle tastiere si fa accompagnare dal fulminante basso acustico di Dave Carpenter e dal drumming aggressivo di Simon Phillips, entrambi noti nell’ambiente jazz-rock.
“The Farther He Goes, The Farther He Falls”, scritta interamente da Nick D’Virgilio (batterista degli Spock’s Beard) è un brano che mescola sapientemente la pischedelia prog alle liriche più hardrock, cantate dallo stesso D’Virgilio. Notevole il guitar solo di Steve Lukather (Toto), in forma smagliante. Il basso è qui (come in gran parte dell’album) suonato da Dave Meros, già negli Spock’s Beard, che rischiano così di diventare la Okumoto band, visto anche il lavoro propulsivo compiuto dal tastierista negli ultimi tempi.
Le melodie di “Slipping Down” sono state scritte dall’ ex vocalist dei Beard, Neal Morse, e qui cantate dal frontman dei Toto, Bobby Kimball, che usa un’effettistica molto simile a quella usata nei dischi dei Toto, dando al pezzo un’impronta molto aor, anche grazie alla tromba di Jon Papenbrook e alle trovate synth di Okumoto.
E’ l’ora della purpleiana “Highway Roller”, un blues rock dannatamente coinvolgente interpretato dalla grandissima ugola di Glenn Hughes, con le percussioni affidate al piccolo Sage Okumoto, e si sa, quando la musica è un dono di famiglia…
E’ stato detto che i progetti dei Beard andranno avanti anche senza Neal Morse, e probabilmente “Free Fall” offre un’istantanea di ciò che succederà sul seguito di “Snow”. Suonata dai quattro Spock’s Beard rimasti, risulta essere un progressive rock psichedelico oppressivo, senza break vocali (ovviamente) e con la tastiera di Okumoto a delineare una timida melodia portante. Un po’ poco per una band che spesso ha saputo essere sensazionale.
Segue la struggente “Coming Through”, cantata in maniera insolitamente emotiva da Neal Morse, alla lunga tediosa e melensa, sulla falsariga delle ballad dei Ten (anche se i Ten sono maestri in questo genere di cose).
Arriva la lunghissima (18 minuti) “Close Enough”, il cui songwriting è ancora appannaggio della coppia Okumoto/Neal Morse, con ancora Bobby Kimball a prestare la sua voce. Fa capolino l’hammond tettonico di Ryo, per un prog epico e cangiante che abbraccia diversi territori: dapprima una cadenzata sezione rock dalle tinte epiche, poi un sognante intermezzo lento e malinconico, quindi un trascinante up-tempo cantabile che rallenta prima di buttarsi nello sperimentalismo finale, tipicamente Deep Purple, caratterizzato da infuocate accelerazioni e decelerazioni, che giunge in climax al chorus.
Chiude l’album “The Imperial”, solo pianistico di Okumoto, la giusta firma intimista e delirante di un artista che si abbandona completamente alla sua musica. Genuino.
P.S.: C’è anche un CD multimediale contenente materiale bonus: immagini, video amatoriali registrati durante le recording sessions, interviste, e molto altro.
Track List:
01. Godzilla vs. King Ghidarah
02. The Farther He goes, The Farther He Falls
03. Slipping Down
04. Highway Roller
05. Free Fall
06. Coming Through
07. Close Enough
08. The Imperial