Recensione: Complete Control
Misery Index, da sempre sinonimo di qualità.
Sì, poiché già dagli anni successivi a quello di nascita, il 2001, la band americana ha mostrato una notevole preparazione tecnica, ben al di sopra della media di chi praticava e pratica il grindcore.
“Complete Control” è il settimo sigillo di una carriera lineare, produttiva di materiale discografico con costanza e continuità; costruita su una line-up che, ormai, non cambia dal 2010. Anche questo, nondimeno, elemento di solidità a beneficio della qualità degli LP sfornati lungo i lustri.
Il mastermind Jason Netherton, voce e basso, ha condotto la sua creatura di vent’anni lungo un cammino illuminato dalla vivacità di uno stile non originalissimo ma totalmente disegnato in ogni suo minimo particolare. E, soprattutto, moderno, irreprensibilmente in linea coi tempi. Uno stile che strizza l’occhiolino ad altre tipologie musicali quali hardcore e death ma anche thrash metal. Attenzione, però, il quartetto di Baltimora non copia niente e nessuno, e i succitati generi, peraltro parenti stretti del grindcore, servono a inspessire il flavour di un sound totalmente devastante, annichilente, potente come una locomotiva lanciata al massimo della velocità (‘The Eaters and the Eaten’).
Netherton, mentre martoria il proprio strumento (‘Reciprocal Repulsion’), affronta con grande abilità linee vocali definibili classiche. Improntate su un tono stentoreo leggermente roco ma senza scivolare in estremismi quali harsh vocals, growling e inhale. Una pulizia e riconoscibilità che consente di seguire facilmente i testi, spesso argomentanti concetti politici conducenti alla dissidenza, alla feroce critica dei governanti e dei loro programmi elettorali.
Tuttavia, almeno a parere di chi scrive, a essere davvero sopra le righe è lo spettacolare lavoro svolto dalle chitarre di Mark Kloeppel e Darin Morris, capaci di creare un muro di suono pazzesco, dirompente, esplosivo, la cui malta cementizia che lega il tutto altro non è che la tecnica del palm-muting tirata al meglio delle sue possibilità di compressione. Non solo, il riffing si mostra agile e vivo, dotato di vita propria, si direbbe. L’abilità dei due axeman è ai massimi livelli possibili, ritornando con ciò sul talento esecutivo del gruppo, giacché foriera di tonnellate di riff non troppo complessi per non togliere dinamismo al tutto. Riff in grado di issare una struttura di base articolata, resistente, nella quale gli accordi portanti si possono rappresentare come le membrature più resistenti.
Chiaramente, per quanto più su riportato in ordine alla bravura dei Nostri, pure Adam Jarvis si rivela essere un batterista totalmente professionale, capace di districarsi in mezzo a una miriade di ritmi, dando il massimo di sé in occasione dei violentissimi blast-beats, durante i quali la potenza del drumming pare divergere verso l’infinito.
Il songwriting è anch’esso di prim’ordine. Stando lontano dai triti e ritriti cliché del grindcore, i brani presentano una durata assimilabile a quella dei più su menzionati generi. Il che comporta uno sforzo mentale per approfondire idee e inspessire la consistenza delle canzoni. Del tutto assente la melodia, il che non provoca alcun fastidio, giacché tutti i passaggi che ribollono all’interno delle tracce si incastrano alla perfezione nel leitmotiv che regge l’antitesi ferocia / pulizia di esecuzione. Un’antitesi che permea tutte le tracce, donando a esse scioltezza e semplicità di assimilazione. Tutto scorre con fluidità, senza intoppi, senza accidenti musicali, senza astrusi tecnicismi. Per un piacere d’ascolto che, a priori, dato l’enorme numero di watt in gioco, si direbbe impossibile a verificarsi.
Invece è così, i Misery Index sembrano scintillanti, per quanto sono naturali e tirati a lucido. Esattamente come le armi da taglio che, da sempre, sono sinonimo di heavy metal. Probabilmente “Complete Control” non entrerà nella Storia per essere un disco rivoluzionario, questo no. Tuttavia, almeno sin’ora, può essere considerato uno degli album più riusciti dell’anno corrente nel campo del metallo oltranzista.
Daniele “dani66” D’Adamo