Recensione: Conclusion Of An Age
L’ennesimo prodotto del vivaio U.K. è Sylosis, five-piece originario di Reading che debutta su Nuclear Blast dopo un paio di EP (Casting the Shadows e The Supreme Oppressor) licenziati da In At The Deep End Records. A differenza dei tanti connazionali che hanno abbracciato la via del crossover, i Nostri rifuggono l’anacronismo programmatico e fanno tesoro delle proprie influenze (da Forbidden ad Atheist) per cimentarsi in un contesto più moderno e fruibile: alle rasoiate chitarristiche di Josh e Bailey, anello di congiunzione con l’ABC del thrash, si abbinano tonnellate di melodie ammiccanti, l’ordinario dualismo scream / voce pulita e una produzione di grido; un colpo al cerchio e uno alla botte, per non scontentare nessuno. Conclusion of an Age premia la malizia e le doti tecniche dei musicisti, ma si candida per definizione a una battaglia apertissima contro la schiera (infinita) di band che operano nello stesso ambito.
La peculiarità dell’album consiste nella mescolanza di mitragliate assassine e soventi aperture melodiche che il gruppo ha ribattezzato, con singolare fantasia, “epic thrash”; a prescindere da improbabili catalogazioni di rito, l’amalgama è credibile e costituisce l’ossatura della totalità delle composizioni. L’opener After Lifeless Years definisce il canovaccio che ricorrerà, con variazioni marginali, nei capitoli seguenti: dinamismo e imprevedibilità sono gli attributi di un uptempo che, esaurito l’effetto sorpresa, trapassa con nonchalance in un refrain armonioso, atto a stemperare l’onda d’urto delle chitarre; Jamie si destreggia con profitto tra ferali scream / growl e registri vocali più compassati, dimostrando versatilità nell’assecondare le mutazioni del brano. Agli estremi della dicotomia che regge le sorti del platter si odono strali di pura intransigenza (il thrash / death di The Blackest Skyline) e, d’altra parte, episodi improntati a un approccio più meditato; Last Remaining Light sfiora gli otto minuti nell’intento di condensare il Sylosis-pensiero, ma lamenta una certa prolissità di fondo. Magistrale, al contrario, il saggio di equilibrio offerto dalla title-track, in cui la sezione ritmica (Carl al basso, Rob dietro le pelli) è padrona indiscussa: accelerazioni dirompenti, mid-tempo schiacciasassi, precisione chirurgica in ogni settore; l’armamentario ha tutti i requisiti per non fare prigionieri. Ed è su questa predisposizione, unitamente a un necessario affinamento del songwriting, che il gruppo dovrà costruire il proprio futuro.
Conclusion of an Age non è un concept-album nell’accezione pura del termine, ma – come spiega Josh Middleton – i testi riconoscono un filo conduttore: la fine di un’era, appunto. Vent’anni dopo l’incubo post-atomico, il genere umano firma di proprio pugno la condanna all’estinzione; lo scenario è un pianeta sofferente, falcidiato dall’inquinamento, che rigetta per esasperazione i suoi abitanti. Il degrado ambientale è un tema scottante, tra i più dibattuti degli ultimi anni: Sylosis lo affrontano con spirito disilluso, proponendo spunti di riflessione piuttosto che sentenze.
Non è sufficiente far leva su un bagaglio tecnico importante per ambire a posizioni di rilievo nell’odierno mercato discografico; Sylosis ne sono consapevoli e svolgono l’esame di ammissione con discreta personalità, gettando le basi per la maturazione di una propria identità artistica. La prova del fuoco, decisiva per le sorti del gruppo, è attesa con il prossimo capitolo.
Federico Mahmoud
Tracklist:
01 Desolate Seas
02 After Lifeless Years
03 The Blackest Skyline
04 Transcendence
05 Reflections Through Fire
06 Conclusion of an Age
07 Swallow the World
08 Teras
09 Withered
10 Last Remaining Light
11 Stained Humanity
12 Oath of Silence
