Recensione: Condition red
Il 1997 è stato importante nell’ ambito del power metal europeo. In quest’ anno spiccano i debutti dei nostrani Rhapsody e degli Hammerfall che hanno riscosso grandissimi consensi. Nel 1997 però ha anche debuttato un’ altra band, molto importante per me. Gli Iron Savior capeggiati da Piet Sielck. Un personaggio che assieme a Kai Hansen ha formato nel lontano 1982 gli Iron Fist, il nocciolo dei primi Helloween. Piet per tutti questi anni è rimasto sempre nel mondo del power europeo partecipando talvolta come engineer, talvolta come special guest, ai lavori dei Gamma Ray e dei Blind Guardian. Ha fatto recentemente anche da produttore ai giovani Heavenly nel loro disco di debutto. Tuttavia solo nel 1997 ha deciso di esordire con l’ omonimo Iron Savior con al fianco il suo grande amico Kai. Il debut album, almeno in Germania, è stato un successo grazie al sound potente, melodico, diretto e coinvolgente.
I problemi sono sorti con “Dark Assault”, un lavoro per molti aspetti deludente. Privo di forza, anonimo. Ogni singola canzone si trascinava in qualche modo non riuscendo mai ad essere convincente. Gli assoli di Kai e Piet erano completamente distaccati dalle tracce risultando così delle inutili prove di bravura.
Condition red è uscito a un anno di distanza da quel flop. Kai Hansen ha lasciato la band (troppo impegnato con i Gamma Ray) e al suo posto è entrato nei Savior Kustner, chiamato “Piesel”. Nessun’intro. Ci pensano un riff pesante, un ritmo estremamente veloce dettato da Nack e un buon break centrale di chitarre a dare il calcio d’inizio al disco. Segue Protector canzone che è simile all’opener: solida potente e magistralmente interpretata dalla voce rude di Sielck. Con Ironbound i Savior non tolgono il piede dall’acceleratore grazie al lavoro di batteria e al sound molto metallico delle chitarre, in contrasto con il melodico coro. La title track ha un ritmo più lento, maggiormente cadenzato. Una canzone semplice e diretta dotata di melodie davvero azzeccate. Queste spariscono con Warrior e Mindfeeder due tracce dal sound tipicamente heavy ,al limite della banalità, che comunque ho apprezzato lasciandomi trasportare dal loro ritmo non troppo veloce. In Walls of fire c’e’ un buon lavoro di backing vocals ma nulla di più. E’ però da questo momento che gli Iron Savior fanno il salto di qualità nel disco. Il ritmo dettato dall’ instancabile Nack si alza con la stupenda Tales of the bold. Ottimo il pre – chorus e il coro, originale il secondo assolo e riuscitissimo il break centrale che garantisce ulteriore potenza a una traccia di indiscutibile valore. In No heroes le strofe scorrono tranquillamente, sorrette dalle immancabili chitarre gemelle che lasciano con naturalezza lo spazio per un assolo di qualità di Piet. Diverso dal solito anche se sempre veloce. Paradise conferma il livello delle ultime due canzoni. Molto “epico” e immediato il coro e di ottima fattura gli assoli (i veri protagonisti in questa seconda parte del disco) confezionati dal duo Sielck / Kustner. Thunderbird può sembrare inizialmente un lento ma non è così. Sarebbe stato troppo scontato e facile chiudere un album in questo modo. Thunderbird invece è un’ottima cavalcata, avvincente che cambia diverse volte ritmo restando tuttavia sempre di piacevole ascolto.
In Dark assault le canzoni erano troppo lunghe, complicate e noiose. Condition red è il contrario. Un cd immediato per la potenza espressa nei riff e per le melodie degli assoli e dei cori. Un disco omogeneo che non ha cali ma che al contrario mostra qualche acuto come No heroes, Tales of the bold e Condition red. Il difetto è l’ originalità. Questa pecca viene sopperirta dalla prova offerta dalle chitarre gemelle suonate in maniera magistrale. Power metal semplice e potente, vi sembra poco?
TITANS OF OUR TIME / PROTECTOR / IRONBOUND / CONDITION RED / WARRIORS / MINDFEEDER / TALES OF THE BOLD / NO HEROES / PARADISE / THUNDERBIRD.