Recensione: Confessions Of A Man
Sono partito con una pessima impressione su questo lavoro, ho terminato la valutazione con un cinico “poteva essere peggio…”; non che questo mi sia stato di sollievo, ma mi pare corretto riconoscere alla band in questione i propri meriti. Meriti che purtroppo non riportano alla pari il bilancio con le pecche di cui questo Confession Of A Man (Mad Enough To Live Amongst Beasts) è ricco.
Innanzitutto cancelliamo qualsiasi pretenziosità: questo è un cd di puro intrattenimento, senza altri fini, e onestamente senza le potenzialità per andare oltre questa funzione. Non certo musica per tutti, non certo un album per teenagers in cerca di new-sensations, comunque un lavoro di ristrette potenzialità e di scarsa realizzazione. Perchè si possono sfornare anche ottimi cd “di intrattenimento”, ma questo non è proprio il caso… C’è poi da chiarire cosa si intenda per intrattenimento: il loro stile, legato in qualche modo all’hardcore new-school, potrebbe “a pelle” far pensare all’ennesima band che cavalca l’ondata alternativa, mentre le intenzioni di questo gruppo sono decisamente più nobili.
Pezzi come “A Ventilation System For Cooling Poultry” non si prestano certo ad un ascolto superficiale, nè possono esser stati scritti per attirare l’attenzione di orde di fan in cerca di ascolti facili e spensierati. Dalla lentezza delle note di questa canzone, quasi doom non fosse che siamo in tutt’altro contesto, sono rimasto veramente allibito; forse la migliore espressione di quanto questo cd avrebbe potuto darci se non fosse scaduto in altri punti in oscuri passaggi senza senso alcuno. Detestabile per esempio “God Made Us In The Image Of His Ass”, il cui titolo provocatorio ha probabilmente il solo scopo di nascondere quello che ci sta dietro: una delle canzoni più inutili della storia della musica. Quattro accordi punkeggianti, una voce urlata senza molta convinzione, sezione ritmica a prova di idiota. Poi qualche rallentamento giusto per non essere troppo banali e scontati, ma oramai la frittata è fatta, e il pezzo non riesce più a convincermi…
Insomma, questo cd alza la testa solo verso la fine, quando una strumentale intitolata semplicemente “-“ ci introduce alla già citata “A Ventilation…”: anche per questa traccia si può fare un discorso analogo al precedente, visto che il suo incedere cadenzato è stato veramente un’ancora a cui mi sono aggrappato quando già stavo per affogare di noia. Anche perchè arrivavo dall’ascolto di “Airtank Face Pincers”, altro inno al già sentito, con anche degli spunti nu-metal veramente detestabili, e l’impressione continua che la band abbia messo giù stacchi tirati per i capelli per completare i 9 minuti e passa che compongono questa canzone.
Spero che i Charger siano consapevoli e in qualche modo la pensino come me sul loro lavoro, perchè ora possiamo aspettarci o un’altra prova simile o un dirottamento verso brani più sperimentali come quelli che più mi hanno convinto; senza ipocrisia alcuna dico che un cd fatto interamente sulla falsa riga delle ultime due tracce sarebbe stato qualcosa come un 80 se non di più. Nel dubbio sullo sperare o meno nella prossima uscita, ripongo la presente nello scaffale con l’impressione che passerà parecchio tempo prima che esca da lì…
Matteo Bovio