Recensione: Congregation Pestilence
A distanza di tre anni da “The One Who Lurks”, tornano in pista i terrificanti deathster statunitensi Drawn And Quartered. Lo fanno con “Congregation Pestilence”, nome del loro dannato, nuovo figliuolo.
È d’uopo una presentazione del genere, poiché il death metal da essi proposto è semplicemente mostruoso. Uno scellerato coagulo di violenza sonora allo stato puro. E questo, nonostante la loro ragguardevole età: ventisette anni. Che, se per un essere umano equivale alla gioventù, per un ensemble musicale rappresenta, più o meno, l’ingresso nella senilità. Il che non potrebbe essere affermazione più sbagliata: invece di andarsene in pensione, difatti, Herb Burke e i suoi due compagni d’avventura continuano imperterriti nella loro interpretazione del metallo della morte. La quale, in primis, propone un approccio totalmente devastante alla questione.
Vergando sul rigo musicale miriadi di note scritte con il sangue, date le tematiche che tengono su la parte testuale dell’LP, i Nostri tengono il piede sull’acceleratore con distruttiva continuità. A parte qualche raro rallentamento, l’energia che si sprigiona da ciascuna delle canzoni del disco è terremotante. Insomma, a questo punto si è capito: la caratteristica peculiare del platter è la ricerca continua della massima quantità di watt che sia possibile spremere da una strumentazione che annovera, solamente, una chitarra e, ovviamente, un basso e una batteria.
Tre elementi tenuti assieme dal growling profondo di Burke. Roco, stentoreo, profondo, quasi a fornire all’immaginario l’idea della triturazione delle carni umane. Sono linee vocali intelligibili, inadatte pertanto a comprendere gli immaginari smembramenti delle liriche, ma è un’opzione voluta, cercata, pensata. Messa in opera allo scopo di creare un’atmosfera malata, lampeggiante di processi allucinatori dovuti all’immensa pressione di un sound che non ha limite alcuno. Se non quello derivante dall’impossibilità fisica di superare livelli di BPM che altrimenti sarebbero non-umani. Tant’è che il drumming Simon Dorfman rasenta anzi supera la barriera dell’hyper-speed grazie alla propulsioni di blast-beats al fulmicotone, alternati comunque a una buona varietà delle battute. Adattate a movimentare più che sufficientemente uno stile certamente non stravolgente ma comunque ben definito, disegnato per creare un timbro che identifichi il terzetto di Seattle in maniera univoca. Il che non deve sorprendere, data la sua esperienza nonché il suo retroterra culturale, derivanti entrambi da una… ridente vecchiaia.
Kelly Shane Kuciemba si sobbarca, com’è ovvio a questo punto, una mole abnorme di riff e di scudisciate solistiche, realizzando un muro di suono granitico e invalicabile. Rinforzato a mò di cemento armato dal rombo continuo del basso di Burke. Scudisciate solistiche che presentano il pregio di scatenare visioni orrorifiche, cupe, tetre, coinvolgendo la parte più sadica della mente di chi ascolta. Come da copione.
Le nove tracce del platter scorrono via veloci come il suono, manifestando una certa differenziazione di scrittura. Inutile aspettarsi qualcosa che sia diverso da una sempiterna dissonanza, purtuttavia l’insieme delle tracce stesse è quello che, a parere di scrive, deve essere osservato a 360° per una visione d’insieme accecata da litri e litri di liquido ematico.
Tirando le somme, non si possono non ammirare i Drawn And Quartered per la loro fedeltà a una linea votata alla totale annichilazione delle membrane timpaniche. “Congregation Pestilence” è un’opera che non lascerà traccia ai posteri, questo è certo, ma che regala agli appassionati dell’estremo più estremo, momenti di pura libidine scardinatrice.
Daniele “dani66” D’Adamo