Recensione: Connected

Di Francesco Sgrò - 22 Febbraio 2015 - 13:28
Connected
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2015
Nazione:
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80

Un esordio al fulmicotone quello confezionato dagli svedesi Care Of Night, che con questo notevole “Connected” si mostrano determinati a lasciare un’impronta significativa nel sempre più sconfinato panorama musicale odierno.
Una produzione limpida e asciutta contribuisce a valorizzare al meglio il lavoro svolto dalla band, esaltato da un’opera sognante in cui la melodia è assoluta protagonista.

Il songwriting semplice e d’impatto rappresenta il vero punto di forza del combo svedese: ad accoglierci è la sognante “Cassandra”, opener fresca e sublime, in cui emerge tutta la classe compositiva della band pronta a dar libero sfogo alla magia del Melodic Rock tipico degli anni ’80. Il brano risulta molto ben eseguito ed arrangiato per un risultato complessivo convincente: squisito è, infatti, il lavoro chitarristico svolto dal bravo Jonathan Carlemar, abile nel conferire alle varie tracce del platter un pizzico di potenza perfettamente equilibrata con le ottime melodie vocali condotte da Calle Schönberg, singer in possesso di una timbrica acuta e squillante, in questo caso, protagonista di un refrain irresistibile che potrebbe quasi rievocare l’anima dei Toto di un album come “The Seventh One” (1988).

La successiva “Heart Belongs” ripete con buona efficacia la formula della traccia apripista, con il pregevole operato chitarristico del già menzionato Jonathan Carlemar – ancora in primo piano – supportato dal resto della band. In questi frangenti spiccano inoltre una sezione ritmica solida e precisa ed il cesellato tappeto tastieristico orchestrato da Kristofer von Wachenfeldt, le cui armonie fanno da sfondo alla espressiva prova del bravo singer.

Nella seguente ed energica “Those Words” è come di consueto la componente melodica a controllare la situazione, in un ritornello al solito d’impatto e ben riuscito.
I toni si addolciscono e le atmosfere si fanno più rilassate nella piacevole “Dividine Lines”, ballad di grande livello, questa volta arricchita da un originale assolo di sassofono utile nel conferire alla traccia una maggiore carica emotiva.
Con la decisa “Say A Prayer”, il gruppo torna con fierezza su lande maggiormente Hard Rock confezionando un’altra piccola perla musicale, contraddistinta da un coro strepitoso ed orecchiabile, preludio ad un guitar solo ancora di ottima fattura, seguito da un break centrale in cui sono le tastiere ad emergere con successo.
Gli anni ’80 aleggiano con insistenza nelle note della patinata “Contact”, altro buon esempio di grande Melodic Rock, seppur caratterizzato da un ritornello che, pur grazioso, avrebbe forse potuto essere più ricercato e ficcante. Anche in questo caso, un leggero intervento di sax riesce a valorizzare l’interessante linea melodica.

Decisamente migliore si rivela “Please Remember”, interpretata con grande convinzione dal bravo vocalist che, qui come in altri momenti del platter, sembra vicino a ricordare la timbrica del mitico Michael Bolton ai tempi di un album come “The Hunger” (1987).
Con la massiccia e cadenzata “Unify”, il disco si avvia alla conclusione e prosegue con la più diretta “Give Me Strenght”, pezzo che pur mostrando ancora una volta tutto il valore del giovane quintetto scandinavo, in realtà non aggiunge nulla di nuovo a quanto ascoltato finora, pur potendo contare in ogni caso su un ritornello dinamico e ben costruito.

Gli ultimi istanti dell’opera sono invece affidati alla emozionante “Say You Will”, traccia conclusiva che riesce egregiamente nel compito di congedare con successo il combo svedese dopo oltre cinquanta minuti di ottima musica.
Una band da cui è lecito aspettarsi ancora grandi cose nel prossimo futuro.

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