Recensione: Connected/Condemned

Di Daniele D'Adamo - 27 Aprile 2017 - 0:00
Connected/Condemned
Band: Jotnar
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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75

Anche dalle sperdute Canarie si alza la voce del metal estremo. Per merito dei Jotnar, giunti alla prova del debut-album, intitolato “Connected/Condemned”.

La formazione di Las Palmas de Gran Canaria, però, non ha svolto la classica trafila volta a incidere con speditezza la propria Opera Prima. Anzi, il contrario. Nati nel 2008, hanno speso anni e anni a calcare i palchi di mezza Europa, consolidando la loro fama di band capace di show incendiari. Fra la nascita e “Connected/Condemned”, un solo EP, “Giant”, del 2012. Assieme a qualche cambio di line-up ma soprattutto all’affinamento delle proprie qualità tecnico-artistiche direttamente dal vivo, di fronte ai fan. Evidentemente il sistema ha funzionato, giacché il disco fa parte delle realizzazioni del 2017 su cui punta molto la Massacre Records, certamente una delle label meno sprovvedute nel metal internazionale.

Altrettanto chiaro che il sound dei Nostri sia perfettamente adulto e vaccinato, scevro da ogni minimo difetto presente, per esempio, negli ensemble al debutto discografico. Un sound tremendo, potente, massiccio; death metal brutale e violento ma, quasi… impossibilmente, ricchissimo di melodia. Sì da inserirlo nel campo del melodic death metal. Niente modern metal o melodeath, però: i Jotnar picchiano come dei dannati, giungendo a volte oltre la sfera dei blast-beats, con la loro spiccata aggressività. Benché in ‘Broken Esteem’ faccia la sua comparsa come ospite Björn “Speed” Strid, singer degli svedesi Soilwork, non si può nemmeno parlare granché di gothenburg metal, talmente sono al massimo gli indicatori di energia inseriti nelle song di “Connected/Condemned”. Se proprio si vuole tentare un paragone, in modo da farsi un’idea del death dei Jotnar, chi si avvicina di più ad essi sono gli statunitensi Starkill, più o meno.

Certo, ci sono brani comunque leggermente più meditati, come la ridetta ‘Broken Esteem’ oppure ‘Suicidal Angel’ ma il trend dei Jotnar è chiaro: picchiare il più duro possibile e, nel contempo, tirare fuori dal cilindro ritornelli, cori, soli accattivanti e di sicura presa sull’ascoltatore. Come la title-track ‘Connected/Condemned’, che apre anche il platter e, probabilmente, funge inoltre da hit per l’intero lavoro – assieme a ‘Starved of Guidance’, esemplificativa di uno stile votato al massacro sonoro benché attento a solide ed efficaci melodie.

Del resto, brani come ‘Live Together Die Alone’ sono come schiaffoni a mani aperte in piena faccia, il che dimostra che i cinque spagnoli provano molto gusto a invadere di potenza i cervelli di chi ha a che fare con la loro musica.

In un ambito di rilevante qualità complessiva, l’unico neo rilevabile consiste in una certa discontinuità di contenuti che involve le canzoni. Lo stile complessivo, il timbro-Jotnar c’è. L’ensemble è maturo e riesce sempre e comunque ad avere cognizione del proprio operato. Tuttavia, il percorso che porta da ‘Connected/Condemned’ a ‘The Portrait’ è vagamente altalenante, nel senso che accanto a episodi se non memorabili perlomeno riusciti, ce ne sono altri un po’ anonimi. Il CD però dura un’ora, per cui è più facile che ci sia qualcosa di meno coinvolgente, nel mezzo del tutto. Anche quest’aspetto, in ogni caso, va visto pure positivamente: i Jotnar non si sono limitati a svolgere il loro compitino ma hanno voluto dire la loro sino in fondo.

Questione di carattere.

Tanto.

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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