Recensione: Conquer
Max Cavalera sta davvero attraversando un momento d’oro: dopo la reunion col fratello Igor e la conseguente fondazione dei Cavalera Conspiracy, è ora tempo di mietere consensi con la nuova, eccellente fatica dei Soulfly, progetto che ha da poco compiuto dieci anni di vita, dieci lunghi anni durante i quali si sono succeduti sei full-length (incluso il qui presente Conquer). Ne è passato di tempo dal periodo di massimo splendore dei Sepultura, quando la storica band brasiliana inanellava un capolavoro dietro l’altro, e sono molti i fan di vecchia data a guardare con nostalgia ad album magici come Beneath The Remains, Arise, Chaos A.D., e – per i meno intransigenti – Roots; da qualche anno a questa parte, però, fra l’ultimo paio di uscite dei Soulfly e la nascita dei Cavalera Conspiracy, è evidente la volontà da parte di Max di ripercorrere le proprie origini musicali ed aggiornarle secondo la sua attuale sensibilità. Ma prima di analizzare ciò che Conquer ha da offrirci, rinfreschiamo brevemente la memoria sulle tappe fondamentali che hanno scandito l’evoluzione della band.
L’avventura dei Soulfly ebbe inizio nel 1998, circa un anno e mezzo dopo l’abbandono dei Sepultura da parte di Max, e il debutto fu di quelli col botto: il primo disco, omonimo, ripartiva laddove Roots si era interrotto, e s’impose come un lavoro fresco, ispirato, di grande qualità e caratterizzato dal tipico stile Cavalera. Il secondo album Primitive, invece, prestava un po’ troppo il fianco a soluzioni più mainstream e scontate, ed il risultato fu un lavoro con alcune buone idee, ma complessivamente disomogeneo. Il calo fu purtroppo confermato anche dal successivo 3, affossato da una certa staticità e povertà d’idee. E’ con Prophecy che le carte in tavola iniziarono di nuovo a rimescolarsi: forte di una rinnovata ispirazione compositiva, di sperimentazioni sonore inedite e di una line-up interamente nuova, il buon Max stupì chi lo dava per spacciato, e se ne uscì con un ottimo album che ridonò prestigio al monicker dei Soulfly. Ma il meglio doveva ancora arrivare, e l’avrebbe fatto di lì a poco col nome Dark Ages: il thrash tornò ad essere il perno su cui poggiava la musica dei Soulfly. La furia e l’entusiasmo pienamente ritrovati permisero a Dark Ages di affermarsi come un platter di groove/thrash metal qualitativamente eccellente, compositivamente ispirato, e stilisticamente vario. Dopo un album di tale caratura le aspettative erano alte, ma le promesse sono state completamente mantenute: Conquer è ancora più violento del suo predecessore, e il recupero delle radici thrash è ancora più marcato.
Ad affiancare Max Cavalera (voce, chitarra), ci sono ancora Bobby Burns (basso), Joe Nunez (batteria) e soprattutto Marc Rizzo (chitarra solista), la cui prestazione alle sei corde ancora una volta ha modo di distinguersi per pulizia ed ispirazione. Rispetto a Dark Ages sono notevolmente diminuite le influenze extra-metal, e sebbene contaminazioni hardcore e di musica etnica siano ancora presenti, stavolta è il thrash a fare da assoluto padrone: certe bordate rimandano chiaramente alla violenza di Chaos A.D., e certi assoli fanno viaggare con la memoria ancora più indietro. Ma il ritrovato amore per il thrash non deve far pensare che Conquer sia una pedissequa ripetizione di formule già abbondantemente utilizzate in passato: certo, lo stile è quello inconfondibile dei Soulfly, e l’esperienza coi Sepultura anche ha il suo peso nelle scelte stilistiche adottate, ma la forza di questo album sta nella sintesi perfetta che riesce ad operare fra il thrash degli anni ’90, il groove metal, e le influenze etniche, tribali, e reggae che hanno sempre accompagnato il sound dei Soulfly. Da Conquer non bisogna aspettarsi novità eclatanti: da questo punto di vista, d’altra parte, Max Cavalera ha già abbondantemente dato con gli autentici pezzi di storia del metal che ha contribuito a scrivere. Conquer, invece, è un album maturo, consapevole, frutto dell’esperienza accumulata in più di vent’anni di attività sul campo; è la dimostrazione che, chi è dietro alla sua realizzazione, ha saputo imparare dai propri errori, ha saputo far tesoro dei successi ottenuti, e ha saputo mettere a frutto tale esperienza per forgiare musica onesta, animata da passione viscerale, dall’impatto devastante e dal songwriting ispirato.
La voglia di tornare a muoversi in territori più strettamente metal è anche testimoniata, ad esempio, dalla presenza di David Vincent dei Morbid Angel come guest vocalist nella prima traccia Blood Fire War Hate, che apre l’album fra sfuriate velocissime e passaggi più groovy. Ma gli ospiti non sono finiti, e nella seconda traccia, Unleash, abbiamo Dave Peters (cantante dei Throwdown, band hardcore/groove metal) ad affiancare le urla e i grugniti di Max; sorprende anche un intermezzo lento posto più o meno al centro della canzone. Le successive Paranoia e Warmageddon sono fra le più violente dell’album, la prima con le sue tiratissime cavalcate, la seconda col suo groove imponente. Enemy Ghost si distingue per il suo feeling orientaleggiante, Rough per la sua violenza di matrice hardcore e per la sua conclusione elettronica, mentre Fall Of The Sycophants è la canzone che maggiormente rimanda al thrash vecchia scuola, e contiene assoli di chitarra assolutamente fantastici. Doom e For Those About To Rot invece spiccano per le loro sperimentazioni sonore: reggae nel primo caso, musica tradizionale mediorientale nel secondo, e in entrambe le occasioni tali intermezzi fluiscono perfettamente tra le fibre dell’aggressività che caratterizza il resto della musica. Touching The Void paga il proprio tributo al doom metal sabbathiano con riff cadenzati e sporchi, mentre a chiudere il platter c’è il sesto episodio della serie di strumentali melodiche e rilassanti che fin dal primo album troviamo fra le ultime tracce dei dischi dei Soulfly.
Come si può intuire da questa veloce analisi traccia per traccia, la varietà certo non manca: l’album si snoda fra episodi ora più aggressivi, ora più sperimentali, ma sempre coinvolgenti e di alta qualità. Conquer è un album coeso, strutturato con intelligenza, che sa catturare l’ascoltatore con le piccole sorprese contenute in ciascuna canzone. Dal punto di vista della freschezza compositiva e della varietà stilistica, Dark Ages rimane qualche gradino al di sopra, ma Conquer brilla ugualmente di luce propria, e s’impone come un disco eccellente, composto con entusiasmo e professionalità, che conferma lo stato di grazia dei Soulfly e ne ribadisce l’importanza come una delle principali potenze del groove/thrash metal moderno.
Giuseppe Abazia
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Tracklist:
01 – Blood Fire War Hate (4:59)
02 – Unleash (5:10) (mp3)
03 – Paranoia (5:31)
04 – Warmageddon (5:22) (mp3)
05 – Enemy Ghost (3:02)
06 – Rough (3:27) (mp3)
07 – Fall Of The Sycophants (5:09)
08 – Doom (4:58) (mp3)
09 – For Those About To Rot (6:47)
10 – Touching the Void (7:25)
11 – Soulfly VI (5:20)
Special Edition bonus tracks:
12 – Mypath (4:43) (mp3)
13 – Sailin’ On (4:41) (mp3)
14 – The Beautiful People (4:23)