Recensione: Conquerors

Di Francesco Maraglino - 17 Giugno 2024 - 8:00
Conquerors
Band: New Horizon
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2024
Nazione:
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77

I New Horizon nascono nel 2022 come progetto collaterale – in chiave power metal – di Jona Tee (polistrumentista) ed Erik Grönwall (vocalist) dei frizzanti AORsters scandinavi H.E.A.T., ed hanno esordito a quel tempo con il primo album “Gate Of The Gods”.
Erik Grönwall si è, in seguito, unito agli Skid Row (ed è stato ahimè poi afflitto da problemi personali) e, dunque, per il secondo disco dei New Horizon l’ottimo Jona Tee ha unito le proprie forze con l’eccellente Nils Molin (Dynazty).
Ecco che dalla collaborazione tra i due artisti viene alla luce oggi il nuovo album “Conquerors”, che prosegue sulla cammino, tracciato dal suo predecessore, di un power metal possente ed altamente melodico.

Tale stilema è ben rappresentato da brani come l’arrembante ed epica Against The Odds, in cui Nils esibisce un’ottima performance vocale, mentre le note delle tastiere corrono veloci e la chitarra inanella un assolo da manuale, e dalla più che onorevole, solenne, dinamica e innodica cover degli Iron Maiden Alexander The Great (356-323 B. C), degna chiusura del full-length.
King Of Kings, ancora, ha un inizio slow e maestoso, ma prosegue poi spedita, grandiosa e contraddistinta da una sei-corde vorticosa, pur se con sprazzi più slow.
Shadow Warrior, invece, è un heavy metal dai riff e dal canto più scuri ma del chorus sempre aperto e arioso.

Si discostano un tantino dal mood delle tracce sopra descritte canzoni come Daimyo e Messenger Of The Stars, le quali si caratterizzano per tastiere epiche ed un incedere  cadenzato e marziale e con qualche influsso di certo  hard rock melodico di scuola Magnum e dintorni.
Before The Dawn, infine, è l’immancabile ballata improntata sul suono dei tasti d’avorio e della chitarra acustica e sull’alternarsi delle voci maschile e femminile (quest’ultima di Elize Ryd degli Amaranthe.

I New Horizon di Conquerors”, evidentemente, non apportano alcuna rivoluzionaria novità ad un genere dai canoni ben consolidati, ponendosi nel solco manieristico dei classici del genere (dagli Edguy agli Hellowen, dagli  Stratovarius ai Gamma Ray). Il risultato finale è però, pur al netto di qualche momento ripetitivo, gradevole e a tratti entusiasmante, tra momenti intensi e solenni nei passaggi slow ed  accelerazioni impetuose e trascinanti, come è d’uopo in opere di questo genere.

Francesco Maraglino

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