Recensione: Contemptus Mundi
C’è un vecchio motto che recita “le sorpese più belle sono quelle che non ti aspetti”, e nella vita sorprese di questo tipo sono sempre le benvenute. Di gruppi black ne esistono a migliaia in Europa, ma si dà il caso che tra il mare di album che ogni mese vengono immessi sul mercato dai distributori ogni tanto appaiano delle perle con nomi e blasoni che ai più non dicono nulla e che invece alla fine, con il proverbiale ‘botto’ nel silenzio della loro produzione, di colpo si trovano a contendersi il titolo di album dell’anno.
Mi aggrada particolarmente annoverare questo Hegemon tra le sorprese di questa prima metà del 2008. È facile superare gli ostacoli quando si proviene dalla Norvegia e si suona black ‘old style’: con la scusa del sangue molte band sono state sopravvalutate e il trend non accenna a scemare. Gli Hegemon, al contrario, dinnanzi a sé non hanno di certo una strada in discesa: provengono dalla Francia, nazione non propriamente famosa per il black metal e che anzi è associata, nell’estremo, a un movimento ben nutrito di depressive che nell’ultima decade ha lasciato il segno. Come se non bastasse, sono passati sei anni dal loro ultimo lavoro, e questo ha contribuito a farli cadere nell’oblio nonostante la già scarsa fama.
Sorprendentemente, con questo “Contemptus Mundi” la band francese ha alzato di colpo la testa e mi auguro che il mercato gli dia ciò che si meritano. Certo, parliamo di black metal ferale di stampo prettamente norvegese, alla primi Satyricon e Immortal per intenderci, ma gli Hegemon dimostrano con una classe cristallina che la lezione dei padri del genere è stata assimilata e piegata al loro volere. Screaming lacerante di gran precisione, chitarre sferzanti e una batteria distruttiva e al tempo stesso estremamente elegante sono i leit motif di questa produzione.
Eppure la lezione non è finita, anzi è appena cominciata: i brani sono un continuo ribollire di tocchi di classe, da piccole parti recitate a splendidi assoli di strumenti derivativi come flauti e chitarre classiche che non rappresentano cali di tensione ma al contrario compongono flussi perturbati che si aggiungono e sovrappongono alla tensione strumentale incessante che trabocca dai canonici otto brani che compongono l’opera. Le melodie sono vibranti e ben distinte, come si confà ai migliori Immortal appunto, e tra incipit carichi di passione come la magnifica “Eli, Eli, Lamma Sabachtani” e uragani melodici come la tiratissima “Asakku“, gli Hegemon ci offrono uno dei doni più importanti in campo musicale: la continua attesa per il riff successivo, l’attenzione al brano in corso, la sorpresa per l’ennesima variazione di tempo e di struttura melodica.
Ottima la registrazione, fine la veste grafica: “Contemptus Mundi” è un disco nascosto ingiustamente nella divisione underground della Season of Mist da godere dalla prima all’ultima traccia. Una gradito omaggio alla perfezione stilistica dei Limbonic Art senza i fraseggi sinfonici, quasi gotici, di quel piccolo capolavoro che è Legacy of Evil. Da ascoltare quasi senza riserve, sia da parte degli oltranzisti, che troveranno soddisfazione nel black metal primigenio nel quale affondano gli artigli i nostri quattro francesi, e sia da parte degli amanti del black più progressista, che ritroveranno fraseggi e singulti cari alla prima avanguardia mitteleuropea e scandinava. Specie da parte di una band tutt’altro che mainstream, questo disco è una sorpresa che apre molte porte da attraversare con passo fermo e a testa alta. In due parole, c’est magnifique!
TRACKLIST:
1. Itenou Pedjet
2. Because Of War, Because Of Men
3. Asakku
4. Felix Qui Potuit Rerum Cognoscere Causas
5. Eli, Eh, Lamma Sabacthani
6. Proskynese
7. Ai Ibur Shapu
8. Contemptus Mundi