Recensione: Contingent
A distanza di ben sette anni dal precedente “Immortal” e con al passivo la perdita di uno dei cantanti più amati e rispettati dell’intera scena classic metal – quel Matt Barlow di cui ricordiamo le leggendarie prestazioni alla corte di Jon Schaffer negli Iced Earth – “Disciples Of The Sun” venne accolto all’epoca dell’uscita con un misto di sorpresa e di circospezione.
Il cambio di stile, certamente legato dovuto anche all’ingresso in formazione della new entry Terje Haroy fu in effetti piuttosto netto e portò i Pyramaze dal power epico fortemente keyboard-oriented di “Immortal” verso un power/progressive dal taglio decisamente più moderno e futuristisico, parecchio intrigante negli intenti e ben riuscito negli episodi più ispirati quanto forse ancora non del tutto maturo nell’amalgama complessivo.
In questo senso e senza nulla togliere al pur valido predecessore, il nuovo “Contingent” risulta essere la migliore delle conferme, poiché in grado di proseguire sulla strada tracciata da “Disciples Of The Sun” limando nel contempo quelle piccole spigolature e imperfezioni che alla lunga finivano per non convincere al cento per cento l’ascoltatore.
Le linee vocali di Terje Haroy rimangono centrali nell’impostazione dei brani e mantengono l’ormai consueta complessità così come i peculiari spunti modernisti, riuscendo tuttavia ad “uscire” maggiormente sulla distanza tanto nelle battagliere “Land Of Information” e “Under Restraint” quanto nelle raffinate power ballad “Star Men”, “Heir Apparent” e “The Tides Won’t Change”, quest’ultima in duetto con la cantante Kristen Foss.
Citare, d’altro canto, il solo Haroy sarebbe ingeneroso viste, o per meglio dire sentite, le grandi prestazioni di Jonah Weingarten alle tastiere – meno barocco che in passato ma altrettanto importante nell’economia del sound dei Pyramaze – oltre che di Toke Skjønnemand e Jacob Hansen alle poderose chitarre, in grado di scolpire da par loro il rifferama e le ricercate atmosfere delle più epiche “A World Divided” e “Nemesis” come pure della maestosa “Symphony Of Tears”.
Un bell’album, senza girarci attorno. Più maturo ed equilibrato del suo predecessore, “Contingent” è un disco che farà la felicità di tutti gli amanti del power prog rivisitato in chiave moderna, per quanto la mancanza del vero e proprio colpo del K.O. (o quantomeno di un paio di tracce monstre quali le apprezzatissime “Perfectly Imperfect” e “Fearless”) impedisca ancora di promuovere i Pyramaze nell’Olimpo dei grandissimi.
Stefano Burini