Recensione: Continua
Gli australiani, benché geograficamente avulsi dai territori-culla del metallo, hanno sempre fatto la loro bella figura, più o meno in tutti i generi del metallo medesimo.
Non sfuggono a tale considerazione nemmeno i Nemesium, alle prese con il loro debut-album, “Continua”. Nati nel 2014, oltre a esso i Nostri hanno partorito soltanto un EP, nel 2015 (“Sentient Cognizance”). Eppure…
… eppure il disco suona già molto bene, come se fosse figlio di una gavetta piuttosto cospicua, eredità di un ampio retroterra culturale. Inserti ambient ed etnici (‘Antecedent’, ‘Continuum’), sound perfetto, lontano anni-luce da ciò che potrebbe produrre una band alle prime armi. Sin da subito, giusto per far vedere con chi si ha a che fare, la violentissima ‘Archetype’ sferra una micidiale mazzata sulla schiena tant’è brutale, violenta, aggressiva ma, soprattutto, linda e pulita come una sala operatoria. Basta solo questo per nominare gli Nemesium come esempio in cui già al primo colpo si raggiunga un elevatissimo livello tecnico-artistico. Nessuna indecisione, nessuna mancanza di potenza, nessuna imperfezione. Niente che non vada, insomma. Sembra impossibile ma è così. Il micidiale blackened death metal sciorinato dai cinque individui è, come si suole dire, “buono alla prima”.
La densità di note e accordi per unità di tempo è mostruosa: tutti i musicisti suonano al massimo delle loro possibilità cinetiche, non mancando, però, di scaricare a terra una quantità spaventosa di energia, sì da proiettare il gruppo oltre la barriera dei blast-beats (‘The Dawn of Retribution’) con una spossante pesantezza. La chitarre spingono più che possono grazie a un riffing incessante, d’intensità tale da sconquassare le budella. Stessa cosa per la sezione ritmica, precisa e pulita anche nei momenti più concitati. Su tutto emerge la folle voce di Clint Williams, scatenata nel percorrere le tesissime linee vocali con veemenza e grande senso d’orientamento; nel senso che riuscire a stare dietro a un tale ‘scempio’ sonoro, generato sì bene dai colleghi, non è cosa facile. Il caos, il rumore, sono lì, difatti. Vicino, ma che non vengono mai raggiunti.
Come da tradizione del (sotto)genere, il sound complessivo è tagliente come la lama di un affilato rasoio. Sembra paradossale ma è proprio l’influenza del black metal a canalizzare in un imbuto la turbolenza derivante dall’allucinazione death metal. In tal modo si delinea lo stile. Che, di primo acchito, non pare avere nulla di speciale ma che, con passare del tempo, lascia trasparire la decisa personalità del quintetto di Geelong. Un feeling che si può apprezzare a mano a mano che si assommano i passaggi.
Oltre a questo, emerge un po’ alla volta un talento compositivo non da poco. La struttura sulla quale vengono appoggiate le canzoni è infatti estremamente complessa. Multiforme, ramificata, dalle forme non convenzionali. Un universo, un turbinio di note, tante come le galassie, che prendono forma in una sostanza tangibile anche se la musica è arte invisibile. Torna il discorso sulla pericolosa vicinanza al Regno del Caos, ma si tratta di un rischio calcolato. Un rischio che consente al combo della Victoria di esplodere con un sound annichilente, totalmente devastante, cozzo apocalittico di ere arcaiche quando i pianeti e i loro satelliti sbattevano fra loro con incommensurabile forza, disgregandosi in milioni di pezzi e frammenti. Fatto che non accade, qui. Perché i Nemesium mantengono intatta la loro identità grazie, anche, a un insieme di tracce legate strettamente fra loro. Vere fucilate che sfiancano l’ascoltatore inducendolo ad abbassare le proprie difese psichiche per essere da solo nella sua pazzia, fra le luccicanti scintille di acute dissonanze e sanguinose disarmonie (‘My Final Fight’).
2020. Blackened death metal. “Continua”. Nemesium.
Daniele “dani66” D’Adamo